VIVA LA LIBERTÀ: Se lo ‘spin doctor’ di Toni Servillo è Bertold Brecht

Viva la libertà’ racconta della fuga di un non troppo fantomatico leader del centro sinistra italiano alle prese con un’acutizzazione della cronica crisi di consensi di cui il suo schieramento soffre da tempo, e lui ne è il malinconico capro espiatorio. Il leader è spento, dimesso e depresso. Trattato come orribile causa di tutti i mali del partito, decide di allontanarsene, di fuggire di punto in bianco senza avvisare nessuno. Il partito va nel panico, (la moglie un po’ meno), e il suo fedele ‘portaborse’ scova suo fratello gemello, un filosofo appena uscito dal manicomio,(e questa è bella), che decide di prenderne il posto. Il fratello ‘clinicamente pazzo’ si rivela capace, come un ‘fool’ della grande drammaturgia teatrale classica, di sovvertire l’ordine delle idee correnti, perché con sottile ironia, si diverte a sdoganare la semplice verità delle cose sepolta da corrotti e intrallazzini sotto le macerie della ‘civiltà’. ( La sua follia somiglia molto a quella estremamente lucida dell’Amleto di Shakespeare).

Nel caso di questo film però lo ‘sdoganamento’ è solo superficiale e l’antagonista non è un vero e proprio ‘cattivo’ contro cui battersi: il fratello ‘sano’ che getta la spugna e si regala una piacevole latitanza in Francia infatti, è più un uomo onesto ma poco comunicativo, stanco e con le idee offuscate dall’enorme difficoltà di gestire la Res publica senza quell’appeal che tanto affascina il popolo in subbuglio, mentre il fratello cosiddetto pazzo riesce, in sua assenza, a far volare i sondaggi a suon di comizi ed interviste di grande effetto. C’è da dire che per farlo non confeziona slogan da detersivi, metafore animalier, o promesse da Messia, come invece (ahinoi) fanno i nostri leader reali più quotati, ma si serve con grande eleganza di poesie e stralci soprattutto da Brecht e Shakespeare, di piccoli diamanti recitati alla perfezione e sempre ben incastonati nel resto della sceneggiatura, che altrimenti avrebbe rischiato di sviluppare in modo un po’ troppo manieristico un soggetto dal grande potenziale.

Oltre a godere di alcune pietre miliari del teatro classico, (soprattutto perché in un film contemporaneo), c’è il piacere di vederle recitate da un grande attore teatrale che si cimenta nel doppio ruolo simbolo, (due gemelli diversissimi e in lotta psicologica tra loro), e che ne delinea le forme nel fisico, nel volto e nella voce in modo esemplare. Va detto che da quando Toni Servillo si è dato al cinema tutti i ‘suoi’ film, gli sono stati cuciti addosso come fossero una seconda pelle: tutti i film dei registi con cui ha lavorato girano vorticosamente nella sua orbita ipnotizzante ma in fondo è giusto così perché si tratta dell’unico attore italiano in attività su cui se si può, si deve costruire una pellicola. (Il migliore nel duettare con Servillo rimane però senza ombra di dubbio Paolo Sorrentino e il connubio tra i due resta insuperato).

La pecca maggiore del pur piacevole film di Andò consiste nel non aver giocato con tutte le sfumature più surreali suggeritegli dal tipo di recitazione di Servillo, il ritmo resta sempre lento, molte situazioni sono abbastanza prevedibili, e le scene che cercano timidamente di spingersi verso un’idea più visionaria, (il soggetto e l’attore lo avrebbero permesso), sono poche e l’intento del regista resta un po’ nebuloso perché la pellicola non sospinge l’immaginazione dello spettatore né al contrario s’immerge profondamente nella realtà politica del nostro tempo.

Certo, se si prova ad immaginare un reale segretario di partito che balla un tango scalzo con la Merkel, o parla col Presidente della Repubblica declamando l’‘Essere o non essere’ viene da sorridere, ma siamo proprio sicuri che questo possa bastare a scuoterci o farci capire qualcosa in più? Forse è ancora un po’ pochino e anche se scegliere Bertold Brecht come ‘spin doctor’ del leader Servillo è stata una mossa filmicamente brillante, la politica vera, nel frattempo, è passata in secondo piano, il problema cruciale è diventato (ancora) la mancanza di fascino di un leader e la soluzione viene dal profilo linguistico-filosofico di un altro.

Volendo poi tralasciare la politica in sé e osservando la realtà, è facile immaginare (purtroppo) la fine che farebbe oggi l’astuto, moderno ed elegante Amleto della pellicola se gli venisse in mente di dichiarare, brechtianamente straniato, ‘Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua’, davanti ad orde di italiani tartassati e imbufaliti, che hanno appena scelto di azionare il detonatore nascosto nelle urne per mandare tutti i politici, senza eccezione alcuna, sonoramente a…

Elisabetta De Luca

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