Vincenzo Coppola, nudo in uno spazio senza tempo
“Il mio Adàm, un uomo solo in cerca di una bussola”

In anteprima nazionale, il 24 gennaio al Théatre de Poche di Napoli, debutta “Adàm”. Gli autori, Roberto Schena e Antonio Mocciola, si sono avvalsi della preziosa consulenza del professor Maurizio Biancotti, affidando a Vincenzo Coppola, giovane attore puteolano, regia e interpretazione di uno spettacolo singolare, stravagante, forse blasfemo. In una parola: libero. Niente ipocrite foglie di fico – invenzione, peraltro, tutta cattolica: Vincenzo Coppola sarà in scena, per tutto il tempo, completamente nudo. Nel pieno dell’allestimento, a pochi giorni dal debutto, lo abbiamo incontrato in anteprima.

 

La storia di Adamo si può raccontare in mille modi, che tipo di approccio avete scelto per questo spettacolo?

Scegliere il modo di raccontare una storia così fortemente radicata nell’immaginario collettivo, è stata sicuramente la sfida più grande di tutto il progetto. Raccontare il Primo Uomo, a confronto con Dio, nelle sue fragilità e nei mille e uno difetti che lo contraddistinguono, pongono in essere la necessità di destrutturare completamente il percorso umano di crescita che tutti, indistintamente, ci troviamo ad affrontare. Ed è proprio da qui, dal processo di destrutturazione che inizia e prende vita lo spettacolo: uno spazio vuoto, un corpo che diventa proto-linguaggio e una musica che lo accompagna nella nascita e crescita in un mondo finito, completo, in cui l’Uomo innegabilmente sembra essere superfluo. La sensazione di straniamento, i complessi di inferiorità verso un Dio perfetto e infallibile che sembra aver fallito solo con l’uomo, sono il punto di partenza della tragedia dell’esistenza umana, che dà l’abbrivio alla spinta vitale che ci rende così imperfettamente unici. 

In scena sei da solo, completamente nudo per tutto lo spettacolo. Di fronte a te, la presenza e l’attenzione di tanta gente che chiede al tuo corpo, alla tua voce, di raccontare una storia, senza nessun tipo di orpello, di scena, o di effetti speciali. Cosa ti spinge ad affrontare questa sfida, in cui l’intenzione, il gesto, acquisisce una fragilità, un’emotività più viva, più cruda? Come la vivi?

Essere nudi è probabilmente la cosa più naturale che abbiamo, in teatro però essere nudi non deve essere confuso col “non avere niente”, anzi, diventa uno dei costumi più complessi e difficili da indossare. Oltretutto, a mio modesto parere, il limite, il non avere oggetti o appoggi ma solo la propria presenza mettono in condizione l’artista di dare il massimo nella sua espressione creativa: nessuna nave, posta in mezzo al mare, arriva a destinazione senza una bussola. Ecco, il limite per un artista è la bussola che permette di scegliere la rotta verso la quale spiegare le vele. Il gesto diventa vento, la voce timone. Tutto acquisisce peso, e un solo dito che si muove può diventare una spada che taglia; questa è, per me, la parte migliore della creazione teatrale.

Nel contesto del tuo percorso artistico, come si pone questo spettacolo, così diverso dal consueto?

Oltre ad essere stato un meraviglioso momento di incontro con Roberto Schena, e un ulteriore consolidamento della collaborazione artistica con Antonio Mocciola, Adamo è per me come artista e come uomo un confronto necessario. Banalmente l’incombenza dei 30 anni (specialmente per la mia, dispersa, generazione) è un checkpoint che mette a dura prova, e allora si è fatta strada prepotentemente l’esigenza di una creazione intimamente personale, propria e inedita. Non sappiamo quale sarà il percorso di Adamo, se sarà un grande spettacolo o un flop inaudito, quello che è sicuro però è che sarà un momento importantissimo del mio percorso artistico, che metterà i punti su tantissime “ i “ del mio futuro e che mi segnerà per sempre, nel bene o nel male. Ma del resto: non è forse per questo che abbiamo scelto di essere artisti?

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