Silvio Pennini tra gli schiavi del nuovo millennio
“In “Gleba” raccontiamo una discesa verso l’inferno”

 

Sarà il protagonista del nuovo monologo che Antonio Mocciola ha scritto per la regia di Giorgia Filanti: Silvio Pennini, giovane attore di Sezze (Latina) è pronto al debutto, a Cappella Orsini (Roma), per la rassegna “La scena capovolta”, diretta da Marco Medelin.

Sei prossimo al debutto da protagonista in Gleba, un testo durissimo che parla di caporalato, fenomeno poco “mediatico”, ma di drammatica attualità. In che modi di stai approcciando a questo personaggio?

Il personaggio nasce quasi interamente dal testo di Antonio Mocciola e dalla regia di Giorgia Filanti. Il caporalato è una realtà presente nella pianura pontina, la mia terra, e probabilmente finora sono stato forse più un Ciccio che Pietro, nella maniera in cui mi sono approcciato anni fa all’attivismo politico, e a queste piaghe della società.

Pietro è un ragazzo nato nell’opulenza di una famiglia privilegiata, non ha mai avvertito l’urgenza di fare qualcosa per migliorare il mondo in cui vive, tant’è che decide di partire per ritrovare Ciccio, non per combattere il caporalato. Questo sistema criminale sarà invece il cul de sac in cui si ritroverà, non per necessità di lavorare, ma per autolesionismo.

Da questi elementi emerge il profilo di una persona riluttante, che finchè può, rifiuta il richiamo all’avventura e preferisce il mondo ordinario. Durante lo spettacolo si scontrerà quasi esclusivamente con personaggi negativi o neutri, e lo racconta con l’emotività di chi fatica a uscire dalla propria zona di comfort.

Pietro è protagonista della storia e nemico di sè stesso. Dall’inizio del racconto contrappone subito il coraggio di Ciccio alla sua riluttanza, che pur essendo un ragazzino ha avuto il coraggio di scappare di casa libero, nudo e a testa alta, mentre Pietro resta a guardarlo dalla finestra, di nascosto, da spettatore inerme.

Gleba è la storia di chi sceglie di raccontare la propria indecisione, la propria paura contrapposta a chi affronta le difficoltà a testa alta, e sceglie di partire verso l’ignoto, al buio.

Com’è il rapporto con una regista energica, esigente e visionaria come Giorgia Filanti?

Fin da subito si è identificata come una persona assolutamente determinata, che mossa dall’amore per il suo lavoro riesce con chiarezza a rendere nitida la sua idea di regia.

Importante e significativa è stata la premessa fatta a me, dal primo giorno di prove:

La regia si occupa di dirigere lo spettacolo, ma tutto il materiale, tutta la “carne” e la materia viva viene presa direttamente da chi recita. E’ una regia che prende materiale da chi recita, e chi recita si mette a disposizione per essere plasmato, modellato e raffinato.

Le basi di questo rapporto sono fiducia reciproca, stima professionale (nel nostro caso anche umana) e tanta lealtà. Come da qualche anno sono solito dire, come nello sport, anche in questo ambito non guasta un po’ di fair play, gioco pulito.

Nel pratico ha voluto vedere l’impalcatura dello spettacolo quanto prima, montando dall’inizio alla fine, così da poterlo sviscerare meglio e andare al nucleo.

Non c’è una strada migliore di altre, ci sono modi di dirigere diversi.

Su sua indicazione, ho dato massima priorità alla memoria, così una volta buttato il copione, la quantità massima di concentrazione che il mio corpo possiede viene messa tutta al servizio dell’interpretazione e della reviviscenza.

Questo spettacolo è a tutti gli effetti una performance, pertanto c’è un lavoro molto importante sulla poetica del corpo e sulla musica, ed è stata questa la vera protagonista di questo viaggio, che è ormai a pochi giorni dalla fioritura.

Lo spettacolo presenta un tuo nudo integrale, estremamente suggestivo. Qual è il rapporto col tuo corpo e cosa provi nell’affrontare questo momento che, per molti attori, è ancora un forte limite?
Parto col dire che ho un pessimo rapporto col mio corpo, che non sopporto.
Ho accettato di lavorare a Gleba dopo l’esito positivo del provino e con la consapevolezza
del nudo integrale. Da una ho pensato che le mie fragilità fossero secondarie rispetto al lavoro, e dall’altra che
sarebbe stato poco professionale rifiutare. Comprendo tutte le persone di spettacolo che scelgono di non mostrarsi, e lo dico da persona che ha scelto di farlo anche come sfida e terapia d’urto
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Dopo il debutto Gleba continuerà il suo percorso che includerà tre repliche a fine Febbraio, e
forse prenderà il largo fuori regione. Ho ricevuto due proposte, di cui una da parte di Giorgia, ma non conosco altri dettagli
significativi. So che ci sarà una seconda edizione di Hotel Dante, spettacolo “interattivo” nato da un’idea
di Roberto d’Alessandro, andato in scena la scorsa primavera presso il Teatro di Documenti,
e a cui ho avuto il piacere di partecipare. Sarebbe sicuramente molto interessante seguirne
gli sviluppi. Un altro progetto che avrei il piacere di portare avanti è Giganti Scomparsi, spettacolo nato
dalla penna di Salvatore Rosella, mio collega e amico che ha voluto coinvolgermi, e che è
stato già presentato in forma di studio il giorno 25 marzo 2023 presso la rassegna
“aspettando Polline”.
(foto di Marco Lausi)
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