“Ricino”, una voce potente contro il fascismo
La storia nascosta di un omocausto silenzioso

 

Arriva a Napoli, nella suggestiva e prestigiosa Sala Assoli, una storia che già da diversi anni attraversa l’Italia, quella – poco nota – della persecuzione degli omosessuali durante il fascismo. Il titolo, “Ricino”, evoca sinistre purghe, ed è quello che i due “Invertiti”, Vito e Umberto, sono costretti ad “assaggiare” per confessore la colpa di essere diversi, e quindi infettivi per la maschia razza italica. Tra le tante follie del regime, che qualcuno rimpiange e qualcun altro impunemente ancora evoca, alla faccia della legge Scelba, c’era l’ossessione per il sesso omo, solo maschile of course, che solo per l’arrivo della guerra non divenne legge, ma rimase un semplice “ordine di polizia”. Da questa storia Antonio Mocciola ha costruito la sua drammaturgia, che con “L’isola degli invertiti” prima, e con “Ricino” poi, ha preso vita grazie alla voce degli attori Diego Sommaripa e Vincenzo Coppola, affiancati dal “senior” Antonio D’Avino nel ruolo del questore. Diretto da Pasquale Marrazzo, lo spettacolo coinvolge ed emoziona, con tocchi di humour, fino ad un finale “aperto” che lascia spazio a qualche speranza. Davvero eccellenti gli interpreti, tutti perfettamente a fuoco e molto intensi, accompagnati dalle musiche discrete ma efficacissime di Theo Teardo, e ben diretti dalla potente regia di Marrazzo, anche coautore del testo. Pubblico attento e commosso, grazie anche al ritmo denso e palpitante dell’intera pièce, e di un testo importante e di alto valore poetico e politico.

Giulio Del Gaudio

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