“Ero Verlaine”, la scabrosa poesia di Antonio Mocciola
mette a nudo il grande talento di Giuseppe Brandi

 

In un teatro Cts di Caserta pieno come un uovo è andata in scena la “prima” assoluta di “Ero Verlaine”, monologo che Antonio Mocciola ha scritto per Giuseppe Brandi, anche regista assieme a Francesco Petrillo. La storia del poeta francese prende il via dalla sua incarcerazione, avvenuta per il tentato omicidio al partner Arthur Rimbaud (ma l’accusa reale è la pederastia), ed è una sorta di flusso di coscienza dell’uomo sulla storia con il giovane amante, ma anche sul matrimonio fallito, l’arte, la politica e la storia di Francia.

Con lo stile che contraddistingue da sempre l’autore, “Ero Verlaine” prende di petto le tematiche più scivolose possibili (il sesso, l’accettazione di sé, i mostri interiori e quelli sociali) e lo fa con un nudo integrale che Brandi “indossa” con la giusta disinvoltura per offrirsi al pubblico con un’anima spalancata almeno quanto il corpo. Il dicibile lascia spazio all’indicibile, e anche i passaggi più “indecenti” vengono risolti con slanci poetici e impennate improvvise dall’alto verso il basso e viceversa. Brandi somiglia in modo straordinario al poeta di Metz, e sceglie di cesellare il suo Verlaine non come un patetico ubriacone, ma anzi come un uomo piegato eppure sempre dignitoso, pur non avendo – o soprattutto non avendo – nulla da difendere. Alla quarta prova su testi di Mocciola (“Colpo di grazia”, “I contadini non cantano, “Dispacci da Mosca”), l’attore e musicista partenopeo rivela enormi doti interpretative (e interessanti prospettive registiche), usando vari colori con gusto e misura, ottimamente accompagnato da una selezione musicale che l’autore ha scelto con proprietà e cura.

Giuseppe Brandi sostiene 45 minuti di nudo totale lasciando alla sola voce – e con pochi misurati movimenti – tutta la sua cruda verità. Parole che, una volta ancora, Mocciola padroneggia con quella coerenza lirica e brusca che brilla potente in questi monologhi “naked” di sua creazione, e che da anni girano l’Italia (“Cartoline da casa mia”, “Nel ventre”, “Il modello di Rodin” tra gli altri).

Pubblico coinvolto, concentrato e commosso. Dagli spalti del Cts, diretto da Angelo Bove, non si muoveva una foglia. Non è un dato scontato, anzi.

Sui saluti finali, l’autore ha anticipato i prossimi due capitoli di una trilogia sui poeti maledetti, che vedranno in scena prima Emanuele Di Simone nei panni di Rimbaud, e infine lo stesso Francesco Petrillo in quelli di Lautréamont. Dress code, il nudo integrale, ma c’è da giurarci che saranno ben altre le scabrosità che verranno fuori, il che rende l’attesa crescente per lo spettacolo a cui i tre monologhi approderanno, “La cerimonia dell’assenzio”, in cui i tre protagonisti si ritroveranno in scena dal 10 al 12 marzo al Teatro Tram di Napoli. Città nella quale, il prossimo 17 maggio, “Ero Verlaine”, spettacolo che si avvia a diventare anch’esso di culto, andrà in scena per una data secca, negli accoglienti ed intimi spazi di Salotto Gloeden.

Vittorio Tovini

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