“Rebis”, accettiamo le diversità.

“Rebis”, una moderna favola del passato.

Rebis sarà un nome che segnerà una rinascita, una presa di posizione e di convinzione di sé stessi.

Il protagonista questo graphic novel è Martino, un bambino che il lettore vedrà addirittura nascere nelle prime pagine.

Già dalla sua nascita, il suo destino sembra segnato, visto che nasce albino e il contesto storico in cui si trova non vede di buon occhio questa diversità.

Ci troviamo infatti in un anno non ben precisato, ma sicuramente a cavallo del Medioevo, con una società decisamente retrograda.

Figlia di un maschilismo preponderante, in cui già l’auspicio di avere un figlio maschio è emblematica.

La carnagione e i capelli chiarissimi del neonato destano subito le ire del padre che non si aspettava questa “sciagura”.

Per fortuna il resto della famiglia, come le sorelle di Martino, accettano e amano il piccolo che però avverte la forte disparità con il resto della famiglia.

 

Le difficoltà di Martino in “Rebis” obbligheranno il ragazzino ad una fuga nel bosco dove farà un incontro che gli cambierà la vita.

Nelle primissime pagine vediamo un rogo con due donne considerate streghe, una fine atroce le aspetta solo per questa definizione.

Una delle donne però la ritrova Martino nel bosco e si tratterà un incontro molto importante che permetterà al ragazzo di svilupparsi come vuole.

La crescita di Martino non seguirà quindi più le regole ancestrali del periodo, ma una fonte di libertà inesauribile.

Viviana, questo il nome della donna che vive quasi isolata nel bosco, segue delle leggi tutte sue, ma senza far male a nessuno.

L’unica sua colpa è di essere “diversa” da quella che appare essere la massa delle persone esistenti in quel periodo.

Martino, all’inizio spaventato dalla donna, entrerà sempre più nelle sue grazie e si nutrirà dei suoi preziosi insegnamenti.

 

La metafora è un elemento molto presente in “Rebis” visto che la crescita e lo sviluppo, la rinascita, la diversità sono espresse in più forme.

C’è una base fortissima in questo lavoro che utilizza la metafora come messaggio primario pagina dopo pagina.

Il piccolo Martino si diverte ad allevare larve, disgustosi esseri per i suoi amici, pronti a schiacciarle, fonte di ammirazione e vita per lui.

L’accettazione di una forma di diversità e la differenza con chi la pensa invece in modo diametralmente opposto sono temi poi presentissimi.

L’astio del padre nei confronti di un figlio nato diverso da tutti gli altri stride con l’immediato senso di accoglienza dimostrato da Viviana.

Lo sviluppo e la crescita delle larve va di pari passo con lo sviluppo che avrà il protagonista seguendo i dettami della presunta strega.

Le regole non esisteranno più, ma ci sarà solamente voglia di seguire la propria natura, la propria libertà sotto ogni aspetto.

Fantascienza per l’epoca, eppure ciò che semplicemente si trova dentro di noi ed espressione diretta del proprio io.

 

“Rebis” è un lavoro realizzato magistralmente, dove le vignette sembrano quasi dei fotogrammi di un film di animazione.

La maestria di Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo hanno davvero impreziosito questo lavoro per Bao sotto il profilo estetico e artistico.

Se la storia si mostra immediatamente ricca di coinvolgimento e di passione, di pari passo va anche il suo valore grafico.

La caratterizzazione dei personaggi è perfetta anche nella sua valenza estetica, mostrando subito un fascino e un’impeccabile realizzazione delle figure.

I movimenti appaiono dinamici e sinuosi in ogni aspetto, sia nelle espressioni quanto nelle movenze più o meno rapide dei personaggi.

In alcuni casi sembra quasi di ammirare dei fotogrammi presi da un corto o da un film di animazione per la perfezione mostrata.

Rebis” è un lavoro prezioso sotto vari aspetti, soprattutto nel contesto che stiamo vivendo in questi giorni.

Il maschilismo imperante purtroppo a volte fa danni, così come la mancata accettazione di qualcosa che non si tollera.

Amare la differenza, rispettare gli altri e coltivare la cultura del diverso, senza demonizzarlo, renderebbe il mondo decisamente più ospitale.

Gaetano Cutri

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