Pino Strabioli riporta sulle scene
la nobile arguzia di Paolo Poli

Accostarsi a Paolo Poli, al suo genio originale e spiazzante, e poterlo raccontare con altrettanto vigore e arguzia, poteva riuscire solo a Pino Strabioli, che ne raccolse ricordi e memorie, e una certa – per dir così – eredità spirituale.

Nasce così “Sempre fiori, mai un fioraio” (da un’arguta espressione dell’artista fiorentino, stanco di omaggi floreali, e desideroso semmai di umane grazie), che Strabioli ha portato anche a Napoli, al Teatro Sannazzaro. Accompagnato alla fisarmonica da Marcello Fiorini, e preceduto da un garbato ed efficace montaggio video curato da Edoardo Paglione, Strabioli sciorina aneddoti con disinvolta e rispettosa adesione a un attore certo di riferimento, ma non si sfora mai – e proprio mai – nell’agiografia.

Anzi, affiorano momenti di umana malinconia e, perché no, frustrazione, nello sguardo sul mondo di un uomo troppo complesso per essere semplicemente un artista. Fuori dal tempo, eppure pienamente figlio del ‘900, Poli ritorna con le sue contraddizioni, e il suo poetico, scontroso, élan demistificante.

Lo spettacolo scivola lievissimo e veloce, con notevoli picchi emotivi, e umorismo corrosivo, in perfetto stile-Poli. Nessuna concessione alla retorica, neppure nel finale, che arriva “a schiaffo”, quasi all’improvviso, con un soprassalto di pudore che sarebbe piaciuto allo stesso Poli.

Pino Strabioli si conferma acuto cantore di dive e divi d’Italia, eppure c’è tanto di suo, a partire da una notevole auto-ironia, in questa operazione di recupero (per chi non conosceva, o conosceva poco, Paolo), e di memoria, per chi invece l’ha apprezzato anche in vita. Non arriva a caso la citazione in extremis di Franca Valeri, perfetto e appropriatissimo punto esclamativo di uno spettacolo, in questi tempi opachi, quanto mai necessario.

Antonio Mocciola

Share the Post:

Leggi anche