Capri nel primo Dopoguerra (dovremmo essere attorno al 1920, momento in cui è stata abbozzata l’opera) è una delle mete preferite dei ricchi di tutto il mondo, soprattutto americani, che arrivano sull’isola per godere dello spettacolo naturale e godere della sana aria di mare. Anche la giovane Helen Darral ricchissima ereditiera e già vedova e già molto malata, di una malattia misteriosa, è lì nella sua lussuosissima casa, Villa Rhabani, un edificio dalla storia cupa. Helen sta cercando probabilmente un giovamento nell’aria di Capri. Attorno a lei girano una serie di personaggi: la sua devota governante, il medico amico di famiglia, una misteriosa contessa, arrivata per studiare le opere presenti nella villa, un cameriere silenzioso, ma soprattutto un giovane, Dario Stavelli, fin troppo interessato che corteggia l’ereditiera.
È proprio dall’attrito generato dai rapporti dei vari personaggi, a partire da quello tra Dario ed Helen, che inizia a il movimento della trama di “Villa Rhabani”, opera del due volte Premio Pulitzer Thornton Wilder, lavoro giovanile scritto mentre l’autore viveva nella costiera sorrentina, subito dopo la laurea a Yale. La pièce è rimasta sconosciuta fino a qualche anno fa, quando fu riscoperta da una studiosa, Dianna Pickens. L’opera fu iniziata dall’autore ma poi subito accantonata, ed infatti resta con un finale apertissimo. Un’opera tranciata.
Oggi è stata proposta per la prima volta al Teatro Nuovo per il Napoli Teatro Festival dal regista Riccardo Canessa, che ha cercato di dare un tocco molto classico, ad un testo che seppur con molti difetti di incompletezza, presenta una scrittura raffinata e delicata, tipica dell’autore.
Su una scena davvero eccezionale, caratterizzata da pochi oggetti caratterizzanti e soprattutto una serie di proiezioni e un gioco di luci studiato alla perfezione, si muovono gli attori, chiamati al difficile compito di interpretare personaggi dalle caratteristiche molto potenti, ma allo stesso tempo incompiuti. Se la governante Elsa, interpretata dal soprano di origini ceche, Leona Peleskova, ha un comportamento protettivo e materno, ma allo stesso tempo un atteggiamento quasi algido e aristocraticamente imperturbabile, la giovane ereditiera Helen, interpretata da Roberta Astuti, è invece piuttosto nevrotica, dai movimenti oltremodo nervosi e caratterizzata da scatti improvvisi. Proprio la protagonista sembra mostrare un mondo, che sorprende anche gli altri personaggi in scena, dove tutto quello che sembra, in realtà non è. Come la voglia di vivere la vita a pieno, in tutti i suoi aspetti, può nascondere in realtà un senso di ineluttabilità e di morte.
Molti sono infatti i temi trattati da Wilder in “Villa Rhabani”, tutti però lasciati in sospeso e quasi nessuno che riesca a trovare una via, cosa che probabilmente aveva capito l’autore stesso, che infatti è rimasto bloccato sulla conclusione dell’opera. È però proprio questa particolarità ad essere stata resa il punto centrale da Canessa, con il servitore muto interpretato da Raina Kabaivanska, che fa sentire la sua voce soltanto fuori dall’azione scenica e che ci apre a tutti i possibili finali, a quello che potrebbe essere e che non è mai stato.
Francesco Di Maso