Napoli, al Teatro Bracco Fabio Brescia
ridona smalto al Pirandello “minore”

pirandello-brescia-638x425

Quando il seriosissimo Luigi Pirandello, quasi cent’anni fa, mise in scena “L’uomo, la bestia e la virtù”, tratto da una sua novella di tredici anni prima, pubblico e (soprattutto) critica, storsero il naso. Quell’apparente leggerezza, quel tono così farsesco, non piacquero ai puristi. Ed è innegabile che l’intellettuale agrigentino abbia scritto cose più dense.

Tuttavia, al Teatro Bracco di Napoli Fabio Brescia non si lascia sfuggire la modernità del testo, e mette su uno spettacolo che, coerentemente con le indicazioni dell’autore (“in una qualunque città di mare”), si svolge a Napoli. E di Napoli prende subito gli umori, con tocchi di vernacolo ma senza mai la facile tentazione della parolaccia. E si ride, molto, del povero Paolino (Brescia), che mette in cinta l’amante (Manila Aiello), trascurata dal marito Capitano (Salvatore Totaro), collerico e inappetente solo con la sua sposa. Nella casa del protagonista imperversa la collaboratrice domestica (Stefano Ariota) e di tanto in tanto arriva il Dottore (Roberto Ingenito). Dove non riuscì Eduardo De Filippo, che di Pirandello era amico ma non mise mai in scena questo testo, riesce a Brescia, che adatta in napoletano la commedia dando smalto a un materiale che solo apparentemente sembra fané. I personaggi maschili non fanno una bella figura, e la condizione della donna post-prima guerra mondiale è vista con occhio critico e persino proto-femminista. L’abilità dei protagonisti fa il resto: Brescia smette con evidente sollievo i panni camp che pur gli hanno dato grande popolarità e mostra gli artigli di ottimo attore, ben coadiuvato dal suo partner di scena Stefano Ariota, davvero esilarante e con una sua meritata centralità scenica. Si nota l’irruente vitalità di Totaro, che entra nel finale, e soprattutto una regia svelta, abile, funzionale al testo ed estremamente intelligente curata dallo stesso Brescia. Agli orfani della risata facilissima non dispiacerà questo testo che fece soffrire il sensibile drammaturgo siciliano. La storia, a volte, riesce a risarcire, sebbene con molto ritardo.

                                                                                                                            Napoli, 15 marzo 2014

                                                                                                                                   Antonio Mocciola

Share the Post:

Leggi anche