Miglietta e Persichella con I Porci portano il pubblico allo Zoo ad osservare le quotidiane attività dei maschi alfa.

Presentato alla Galleria Toledo di Napoli, nell’ambito della rassegna Stazioni d’Emergenza, dedicata alle giovani realtà teatrali, giunta alla XII edizione, I Porci, una gastronomia machista, scritto e interpretato dai bravi Simone Miglietta e Alessandro Persichella, e diretto in maniera puntuale da Manuel Di Martino, è un lavoro che intercetta con acume ed energia l’attuale riflessione sul patriarcato tossico, sul rigido binarismo tra maschile e femminile, sulla genesi dei ruoli di genere e la loro consueta degenerazione.

Proposto con piglio documentaristico, la messinscena intende presentare al pubblico, come se si trovasse allo zoo, comportamenti, atteggiamenti e abitudini di due presunti maschi alfa, della specie dei machi, osservati nelle loro attività quotidiane all’interno di un’immaginaria teca trasparente.

I due esemplari, che si esprimono utilizzando dialetti strettissimi, uno meridionale e l’altro settentrionale, tanto stretti da trasformare parole e frasi in suoni sordi e inarticolati, incomprensibili, simili a mugugni e grugniti belluini, esibiscono la loro natura più cruda e violenta, il loro gregarismo di genere, la loro istintuale brutalità, rappresentando al pubblico un’immagine – potente ed evocativa sebbene un po’marcata ed esasperata – di quell’universo maschilista, sessista, e fallocratico che, nell’esagerata ostentazione della virilità, scade inevitabilmente nel ridicolo e nel patetico, quasi nel miserabile, suscitando nell’osservatore, non solo un razionale sentimento di condanna, ma anche una sorta di caritatevole inclinazione al compatimento.

I due maschi in gabbia, durante le loro virilissime performance, tra un suono gutturale e l’altro, esprimono anche le tipiche e fisiologiche pulsioni omoerotiche che caratterizzano le esperienze di reclusione forzata, pulsioni che non vengono realmente avvertite come infrazioni al codice comportamentale della mascolinità, e restituiscono, altresì, i segni inequivocabili della mancanza di libertà vissuta da bambini, una mancanza di libertà che, tradottasi anche come mancanza d’amore, ha costretto i due esemplari, ormai in cattività, ad adattarsi fin dall’infanzia a modelli di potere decisi da altri, poiché il patriarcato – sembra voglia indicarci la pièce – è una gabbia per tutte e tutti, anche per i maschi che, in determinati contesti sociali e culturali, sono indotti a rinunciare alla propria personale e autentica sensibilità per non sembrare “irregolari”, per non essere “scartati”, per non sembrare, insomma, dei deboli e insulsi “maschi beta”.

 

Galleria Toledo di Napoli, 12.05.2023

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