“Lo Zoo di Vetro” e la memoria ritrovata nella nuova versione di Arturo Cirillo

Il dramma di Tennessee Williams raccontato con grande acume dal regista che convince anche come interprete, insieme ad una compagnia eccellente capitanata da una straordinaria Milvia Marigliano

Milvia Marigliano in una scena di "Zoo di vetro"
Milvia Marigliano in una scena di “Zoo di vetro”

Sicuramente “Lo Zoo di Vetro” è il testo teatrale di Tennessee Williams più rappresentato nel corso degli anni, ancora più del celeberrimo “Un tram che si chiama Desiderio”, o degli altri da cui la Hollywood degli anni ‘50/’60 trasse dei grandi successi di botteghino e critica (basti ricordare “La gatta sul tetto che scotta”, “Improvvisamente l’estate scorsa”, “La dolce ala della giovinezza”, “La rosa tatuata” o “La notte dell’iguana”), ed i motivi sono molti: il più evidente è sicuramente quello che il primo successo del drammaturgo statunitense risulta scevro dal manierismo che ha caratterizzato la sua produzione, di volta in volta incentrata su argomenti e situazioni sempre più morbosi, con storie in cui il senso di colpa dell’autore per la propria omosessualità, in quanto moralista borghese del sud degli USA, trovava sfogo in un crescendo di catarsi punitive (suicidi, omicidi, castrazioni, lapidazioni, stupri)  che, pur essendo di grande effetto scenico negli anni in cui i drammi ebbero la luce, poco sarebbero accettabili, senza la giusta storicizzazione, per un pubblico contemporaneo. Un altro elemento tipico della drammaturgia di Williams è l’ inequivocabile appartenenza, per i continui rimandi dei suoi testi, alla comunità statunitense, basti ricordare la tirata patriottica con cui Stanley Kowalski (l’immigrato polacco protagonista del “Tram”)  reclama il suo diritto ad essere considerato americano, avendo combattuto e rischiato la vita in guerra per quel paese (si racconta che, alla prima rappresentazione, Marlon Brando, a quel punto, ricevesse il più lungo applauso a scena aperta della serata). “Zoo di vetro”, pur essendo collocato dall’autore in un tipico ambiente americano, è calato in un contesto familiare piccolo borghese, di quelli che fanno pensare ad una drammaturgia vicina a Cechov, nessuna tragedia a tinte forti, solo il grigio, opprimente, dramma di quattro esistenze, che evadono dal presente, ognuna a modo suo, rifugiandosi in piccoli mondi immaginari, dalla collezione di vetro di Laura al cinema per Tom, o, soprattutto, agli illusori fasti giovanili di Amanda ed anche di Jim. Arturo Cirillo, che firma la regia di questo nuovissimo allestimento del capolavoro di Williams, concentra la sua attenzione proprio su questo aspetto: come egli stesso dichiara nelle sue note, egli mette in scena il dramma della memoria,  cui lo stesso Williams parla nell’introduzione al testo, e lo fa sfrondando il copione da quei pochi riferimenti storico geografici, mettendo a fuoco l’umanità dei personaggi. Scarna ed essenziale anche la scenografia, ad opera di Dario Gessati, risolta con pochi elementi di mobilio di un atemporale vintage, e che trova il riferimento di maggiore concettualismo nelle gigantografie che ritraggono particolari del viso dei quattro attori da giovani, laddove l’autore prevedeva, invece, l’immagine del grande assente, il capofamiglia che anni addietro  ha abbandonato moglie e figli, qui evocato dai suoi abiti smessi su di una sedia.

Arturo Cirillo (Tom)
Arturo Cirillo (Tom) in una scena

Un’intuizione registica impeccabile, a cui fanno eco le quattro interpretazioni di altrettanto bravi attori: lo stesso Cirillo (tenero e dolente Tom), Monica Piseddu (consapevole e disincantata Laura, dalla fisicità androgina e dai giusti mezzitoni espressivi), Edoardo Ribatto (che interpreta con misurata simpatia un Jim maldestro che involontariamente aiuta la giovane Laura ad accettarsi) e, soprattutto, una straordinaria Milvia Marigliano, che disegna con originalità un’ Amanda da manuale, insopportabile e straripante nella sua logorrea, ficcanaso ed inopportuna, esagerata ma delicatamente infantile, ed alla quale, nonostante tutto ciò, è impossibile non affezionarsi, e che, come è evidente intenzione del regista, entra ed esce dal grottesco, il che dona alla rappresentazione una cifra dolorosa superiore a qualsiasi melodrammatica consuetudine, uscendo quindi fuori da una retorica di maniera, tipica di tanti allestimenti precedenti di questo dramma.

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Da sinistra: Monica Piseddu (Laura) e Miliva Marigliano (Amanda)

Lo spettacolo, con i suoi interpreti e la sua regia, rappresenta a nostro avviso un punto di non ritorno col quale chi si avvicinerà in futuro a questo autore dovrà ad ogni costo fare i conti. Niente America, nessuna tragedia, ma solo dolore, espresso col pianto ma soprattutto col riso amaro, a cui fanno da contrappunto (altra eccellente idea del regista) le musiche di scena costituite dal repertorio del grande Luigi Tenco, che così bene ha raccontato il suo male di vivere. Un male di vivere che, trattenuto per tutta la rappresentazione, esplode liberatorio nel finale, con l’urlo straziante di Amanda che, quasi partorendo di nuovo il figlio gli grida finalmente di andarsene sulla luna, dove i suoi sogni, agli occhi della donna egoisti ed impossibili, potranno realizzarsi,  a cui Tom risponde (e qui Cirillo ci offre il momento più intenso della sua interpretazione) raccontando, dal presente, con dolorosa freddezza, la sua scelta di andare davvero via, più lontano ancora della luna, incontro al suo domani, quello che sua madre gli aveva rinfacciato, in una della più belle battute del testo, di non considerare che sarebbe diventato il suo oggi. Lui, al contrario delle tre sorelle cecoviane con Mosca, andrà davvero a New York, dove troverà la possibilità di vivere la sua vita, ma il ricordo della sorella e del suo piccolo mondo di vetro resterà piantato per sempre nel suo cuore come dolorosa spina. Un gran bello spettacolo “Zoo di vetro” firmato Cirillo e prodotto da TieffeTeatro di Emilio Russo, un esempio di come il teatro abbia bisogno, come unici veri effetti speciali, di un grande testo, di un regista illuminato e competente, e, soprattutto, di bravi attori.

Milano – Teatro Menotti, 9 gennaio 2014

Gianmarco Cesario

 

 

LO ZOO DI VETRO di Tennessee Williams

traduzione Gerardo Guerrieri  regia Arturo Cirillo

con Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Edoardo Ribatto

scene Dario Gessati, costumi Gianluca Falaschi, luci Mario Loprevite, assistente alla regia Giorgio Castagna

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