E’ in scena “L’armonia perduta” di Raffaele La Capria al Ridotto del Mercadante. E’ il secondo progetto teatrale curato da Luca De Fusco e dedicato alle opere letterarie di uno scrittore contemporaneo. Cinque nuovi allestimenti scenici affidati e diretti da cinque registi – tra cui lo stesso Luca De Fusco, poi Francesco Saponaro, Andrea Renzi, Claudio Di Palma, Paolo Coletta – scelti per lavorare ad un format di successo, tra teatro e letteratura, già sperimentato con “Il Mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese. L’armonia perduta è il titolo del grande romanzo di La Capria che comprenderà il ciclo dei cinque allestimenti: “L’amorosa Inchiesta” (regia di De Fusco), in scena da oggi, martedì 14 gennaio, ore 21.
Poi sarà la volta di “Guappo e Altri animali”, drammaturgia e regia Francesco Saponaro; si prosegue con “La Neve del Vesuvio”, drammaturgia, regia e interpretazione di Andrea Renzi, ed ancora con “Letteratura e SaIti Mortali”, drammaturgia, regia e interpretazione Claudio Di Palma, ed infine “Fiori Giapponesi”, drammaturgia, musica e regia di Paolo Coletta.
Quello che colpisce maggiormente nell’ascoltare Raffaele La Capria è la sua freschezza di linguaggio che emerge nella ricca conversazione con i cinque registi del progetto teatrale di Luca De Fusco “L’Armonia Perduta” ripreso appunto da uno dei più famosi romanzi dello scrittore ma anche da altre sue opere letterarie pubblicate in questi anni. “L’obiettivo è quello di far diventare il Mercadante un laboratorio dove sperimentare progetti teatrali – ha precisato De Fusco, direttore Artistico del Teatro Stabile – partendo proprio dalle opere letterarie dei grandi scrittori contemporanei, come è già avvenuto con il romanzo “Ferito a morte” di La Capria, portato in scena in forma di reading da Mariano Rigillo nella precedente stagione e nell’ambito del Napoli Teatro Festival. E in modo più strutturato con il progetto teatrale dedicato ad Annamaria Ortese, “Il mare non bagna Napoli”, che ha acquistato una dimensione internazionale ed infatti è stato richiesto da Londra e da Pechino”.
Un debutto molto atteso al Ridotto de “L’amorosa inchiesta” che La Capria scrisse nel 2006, di cui è protagonista Gaia Aprea nei panni di Elène, la donna a cui lo scrittore dedica la prima lettera del suo romanzo. “La caratteristica principale delle opere di La Capria è la straordinaria leggerezza della sua scrittura narrativa – ha continuato De Fusco – in contraddizione con il linguaggio complesso del teatro. E’ una sfida molto affascinante e siamo anche emozionati perché l’autore assisterà al debutto”.
Come una partitura musicale si è intrecciata una ricca conversazione tra i registi presenti e il novantaduenne scrittore che ha così commentato la sua opera: “Nella lettera inviata al primo amore, torno indietro nel tempo fino a rivestire i panni di un adolescente degli anni ’50, descrivo la complicazione di quella stagione dell’esistenza in cui si vivono i maggiori dolori, si fanno pasticci. Nell’adolescenza si soffre molto più spesso di quanto si immagini, si diventa un terreno vulnerabile – sottolinea lo scrittore – e dunque la domanda è come si può amare una persona se non si ama se stessi? Nel mio racconto il protagonista non si ama, è desiderato da una ragazza ma non riesce a capacitarsi che ciò possa avvenire.”
La Capria si è soffermato sulla incapacità di liberarsi dalle convenzioni dominanti, del fatto che si resti vittime dell’ambiente a cui non è così facile sottrarsi. E’ quello che succede anche alla borghesia napoletana, incapace di liberarsi dalla forza oppressiva delle convenzioni. Agli spettatori arriverà non solo questa esperienza dolorosa ma anche la bellezza dei personaggi animati da competizione. Basta un niente che tutto l’edificio che l’adolescente ha creato – commenta con vivace melanconia lo scrittore – intorno all’oggetto d’amore crollerà: “Ecco, se avessi saputo che questa esperienza sarebbe così stato bella non l’avrei rinnegata come ho fatto io”. La Capria poi ha voluto spiegare il titolo L’Amorosa Inchiesta: “L’amorosa ha che fare con i sentimenti, mentre l’inchiesta rimanda al fatto che i racconti amorosi sono sottoposti al severo giudizio di chi li racconta”.
Andrea Renzi curerà il terzo adattamento de “La neve del Vesuvio” – il romanzo del 1988 ambientato a Napoli negli anni trenta/quaranta che narra la prima infanzia e l’adolescenza di Tonino, protagonista del racconto, fino alle soglie della sua consapevolezza del vivere – del quale è anche regista e interprete. “E’ un occasione di confronto e di sfida per me che non sono napoletano. I romanzi di La Capria fanno parte delle mie letture giovanili consigliate dai tanti amici che ho qui a Napoli. La neve del Vesuvio simboleggia qualcosa di fugace e di raro: l’infanzia. E’ un libro autobiografico, il protagonista è Tonino. Il rapporto con il tempo- continua Renzi – è la chiave teatrale. La sfida della messinscena consiste nel ricreare a teatro quel ricongiungimento con se stessi che avviene nella lettura in solitudine. Sono convinto che porre questi racconti tra l’attore e gli spettatori possa sollecitare le emozioni degli spettatori a ripercorrere la storia di una conquista (della coscienza, che ognuno di noi fa) ma anche quella di una perdita, la perdita dell’infanzia di cui non tutti capiscono la portata». La Capria ha ascoltato con attenzione il regista per poi commentare: “La neve appare e scompare subito con l’infanzia, ho raccontato le tappe fondamentali: delle scoperte, del rapporto con gli altri, dell’amore, della società. Ho voluto delineare come cresce la consapevolezza di un ragazzo alle prime armi e contemporaneamente come cresce la complessità del suo linguaggio. E’ il racconto di un processo di crescita di una generazione.”
Continuiamo con l’ordine in cui i registi sono intervenuti. Nel secondo adattamento “Guappo e altri animali”, romanzo del 2007, di Francesco Saponaro, mentre l’interprete è Giovanni Ludeno. Va in scena dal 28 gennaio al 2 febbraio. “Il lavoro teatrale si snoda attraverso il rapporto conflittuale tra uomo e natura, E’ la scoperta di quanto siano intelligenti i pesci, in particolare i polpi. Guappo è il polpo che tenta di liberarsi del mare per attraversare la città. E’ una sorta di parabola attraverso la quale il polpo si riconnette alla parte più primitiva di Napoli. Forse sarà la sensazione di una frattura definitiva tra uomo e natura, alcune coincidenze biografiche, i rimandi ai territori dell’animo e a certi luoghi che riconosco come familiari, il mare e la fauna di una regione che sembra aver estinto – irrimediabilmente – la sua condizione di presunta beatitudine, ad avermi spinto a cercare tra le pagine di Guappo e altri animali i segni di un possibile viaggio teatrale. Immagino di rappresentare questo dibattito tra uomo e animale, in uno spazio ispirato ai corridoi umbratili della Stazione Zoologica ‘Anton Dohrn’ di Napoli, davanti a una delle tante vasche che imprigionano la libertà dei pesci…» Ed è sempre La Capria ad aver commentato: “Questo polpo sta nell’acquario e gira a vuoto, prigioniero di una città che costringe a fare sempre le stesse cose. E’ l’istinto di andare verso la libertà, il polpo sale lungo la facciata di un palazzo, poi va a via Caracciolo ma non ce la fa più, e prima di ritornare nel mare, muore.” Insomma sottolinea lo scrittore: “E’ il desiderio di tanti napoletani di uscire dalla città per andare verso il mare della libertà”.
Il quarto adattamento sarà “Letteratura e salti mortali”, il libro del 1990, che raccoglie scritti e interventi di La Capria sulla letteratura degli anni ’80, drammaturgia, regia e interpretazione di Claudio Di Palma, alla sua seconda regia sui racconti dello scrittore, dopo “Ferito a morte”. «Quando si pensa all’opera di La Capria – dichiara Di Palma – è immediato il riferimento a quei suoi tuffi nel golfo di Napoli che restituivano nella scrittura il suggestivo vitalismo della pesca sottomarina. Altrettanto spontaneo diventa il rimando alle conseguenti tavolate familiari in cui simbolicamente il “pescato “,sembrava alludere ad un’altra (e forse ultima ) stagione della vita. La tavolata dei pranzi domenicali che somiglia alla tavola lunga del tuffatore fa pensare anche ad una tavolata di commensali immaginari, in cui ci sono Kafka seduto al fianco di una terrorista degli anni di piombo, Joyce dirimpettaio di Montale, Camus accanto a Klaus Dibiasi, Lopachin che divide una spigola con Leopardi sono convitati immaginari, ma ugualmente incisivi nelle loro indirette provocazioni. Le parole ed il pensiero sembrano concentrarsi sulla letteratura.” La Capria ha ascoltato divertito e poi rivolto a Di Palma ha sorriso: “ A parlare sei bravissimo… Con “Letteratura e salti mortali” descrivo quanto sia importante la tecnica dei tuffi ma in sostanza spiego la tecnica della scrittura. Kafka con le Metamorfosi inizia il racconto con un insetto. Questo per dire come è importante la partenza ma poi bisogna vedere – ha spiegato – come se la cava con il racconto, è importante la perfezione dello stile. Un romanziere deve tenere uno stile senza crepe. Tutte queste analogie con il romanzo – continua lo scrittore – per spiegare che lo stile del tuffatore deve essere naturale come le ali del gabbiano, mentre il romanziere non deve far vedere lo sforzo negli effetti stilistici”. Insomma una interessante lezione di esercizi di stile.
Il quinto e ultimo allestimento è quello di “Fiori giapponesi”, cinquantacinque pezzi facili, pubblicato da BUR nel 2009, con drammaturgia, musica e regia di Paolo Coletta, interpretato da Mario Autore, Daniela Fiorentino, Massimiliano Foà, Mercedes Martini. «La messinscena ispirata ai celebri racconti bonsai di La Capria – ha spiegato Paolo Coletta – avrà il suo centro propulsore nella musica. Una piccola opera buffa contemporanea per quattro attori/cantanti: due donne e due uomini. L’obbiettivo è quello di restituire, attraverso una selezione di nove dei cinquantacinque pezzi che costituiscono il libro, un affresco implacabile e impietoso delle umane vicende di un mondo scomposto in una serie infinita di frammenti legati dal paradosso e dall’inesorabilità del caso. Nove parabole – a volte comiche a volte tragiche, ma immancabilmente leggere – sull’amore, il dolore, l’adolescenza, la vita che sfugge e la ricerca della felicità.» E così Raffaele La Capria commenta Fiori Giapponesi: “Il titolo è una metafora, grumi di carta messi in un bicchiere con l’acqua e man mano vengono fuori dei fiori. E’ l’immaginazione del lettore che, a seconda dell’acqua che metti, si sviluppa. Sono brevi racconti filosofici, segni, semi gettati nella mente di chi legge. Tutto qui!”. E’ stato davvero un privilegio ascoltare questa preziosa partitura tra teatro e letteratura commentata da un inconfondibile scrittore che sollecita continuamente a sollevarci per andare verso la liberta!
Diletta Capissi