“Adolf prima di Hitler” manda in visibilio e fa riflettere
il pubblico dell’Off-Off Theatre di Roma

 

Chissà cosa sarebbe successo se…

“Alfred prima di Hitler”, andato in scena dal 16 al 18 aprile all’Off Off Theatre di via Giulia a Roma, é uno spettacolo che alimenta pensieri e riflessioni di dimensioni globali. Già, perché il testo scritto da Antonio Mocciola e portato brillantemente in scena dalla regia di Diego Sommaripa prende spunto dalle memorie di Gustav Kubizek, una biografia dal titolo “Il giovane Hitler che conobbi” che sciorina i dettagli e l’intimo scambio di amicizia, forse anche amore, tra due ragazzi in formazione nella Vienna del primo ‘900.

Non siamo al centro della fu capital asburgica, ma ai suoi margini, in periferia, dove il kerosene a malapena scalda un modesto monolocale. Al suo interno due ragazzi provano, tra alti e bassi, a costruire le fondamenta delle rispettive vite: Kubizek aspira ad un ruolo di direttore d’orchestra, Adolf Hitler viene respinto dall’Università ma già cova il desiderio di istituire un nuovo ordine di governo, il Reich. Tra i due la complicità si alterna a momenti di tensione e ad una simbiosi emotiva e sensoriale che sul palcoscenico sembra suggerire una natura diversa del loro rapporto. Kubizek è innamorato, Hitler si allontana, ma forse solo per assecondare gli obiettivi di realizzazione personale. O forse perché sogna di unirsi a Stefanie Rabatsch, donna matura, sposata ed estremamente affascinante. E’, lei, ago della bilancia decisivo per la separazione degli inquilini. Altra bordata sugli equilibri in casa arriva, inoltre, da una seconda figura chiave, sempre femminile: l’avida e cinica proprietaria della stamberga, Maria Zakreys.

Le azioni e le parole dei quattro attori in scena – Vincenzo Coppola, Francesco Barra, Jessica Ferro e Chiara Cavalieri – hanno l’effetto di una morsa che nel durante dello svolgimento serra i manici, quasi obbligando i due amici a compiere una scelta, assai importante per loro… e per l’umanità. La direzione di Sommaripa restituisce con efficacia la dimensione intima e non approfondita fino in fondo per colpa delle “convenzioni” e delle distrazioni portate dai personaggi femminili. Il tono giallo e soffuso del disegno luci descrive con realismo l’habitat precario in cui si svolgono gli eventi.

Plauso convinto, anzitutto dal pubblico, all’interpretazione degli attori, immersi con espressività e scioltezza nei rispettivi personaggi.

Anche la drammaturgia di Antonio Mocciola convince: non è certo una notizia, ma ci permettiamo di spezzare una lancia a favore e confermare che il Premio Mario Mieli assegnato nel 2022 allo spettacolo è assolutamente meritato.

Claudio Riccardi

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