“Il modello di Rodin”, Giordano Bassetti nudo e crudo
Attrazione e sottomissione in pieno stile Mocciola

 

 

“Il modello di Rodin” non era in realtà nato per questo mestiere, in principio era tutt’ altro.

August Neyt infatti era un semplice soldato, di quelli che vengono mandati al fronte come carne da macello.

In trincea era abituato a condividere intimità e spazi con gli altri commilitoni perchè le barriere non potevano essere lasciate senza guardia.

Eppure il livello di intimità che avrebbe dovuto offrire subito dopo, probabilmente non l’avrebbe mai immaginato nella sua vita.

Un incontro particolare infatti cambia nettamente le cose. Il soldato belga entra in contatto con un artista francese.

Il famoso Auguste Rodin che, con il povero giovinetto da battaglia non condivide altro se non il nome di battesimo.

Una strana chimica appare subito tangibile tra i due, una serie di emozioni che all’inizio il soldato non riesce ad interpretare.

Curiosità senza ombra di dubbio, intrigo, interesse, quel pizzico di malizia che gli permetterà di avere accesso alla sua casa.

Dopo aver varcato le porte dell’atelier dell’artista, Neyt si trasforma ne “Il modello di Rodin”.

Una proposta indecente che mai avrebbe pensato di accettare, eppure accade, trasformandosi nella sua musa.

Rodin chiede al soldato di essere il suo modello, di posare per lui e di poterlo scolpire, ritrarre, imporre nel tempo.

E’ così che Neyt si ritrova completamente nudo su un piedistallo, nessun abito copre la sua nudità, esposto al suo artista.

L’intimità che aveva avuto necessità di condividere con i suoi compagni al fronte era molto diversa rispetto a quella da offrire al maestro.

Nel contesto dell’atelier lui era l’unico totalmente in esposizione, ma la nudità non era l’unica cosa da esibire.

Ben presto, complice anche la stranezza del rapporto tra i due, si arriverà a non avere più la minima privacy.

Il corpo nudo come oggetto diventa solo il tramite per una simbiosi: l’osservatore “distratto” e l’esibizionista che vorrà alla fine essere guardato, considerato.

“Il modello di Rodin” molto presto diventa vittima, diventa qualcosa di molto lontano da un essere umano.

Quando a Rodin non servirà più un modello, il ruolo di Neyt cambierà, trasformandosi letteralmente in oggetto, ancor più di prima.

Sarà una vittima, sarà un cane da tenere letteralmente al guinzaglio, da tenere nudo perchè non merita vestiti.

L’ex soldato sarà esposto come un trofeo, umiliato sotto ogni punto di vista, condividendo anche con altri la sua reale intimità.

Sarà degradato a qualcosa di molto inferiore rispetto allo status basico di essere umano, sarà sottomesso in tutti i modi.

Ma soprattutto lo sarà mentalmente, diventando parte integrante della sua vita, tanto da non poter fare a meno di essere tale.

Il rapporto tra artista e modello prenderà una piega molto più intima, con ruoli apparentemente ben definiti.

Ma in queste situazioni chi è il padrone, chi è il servo? Chi ha la necessità di avere l’altro per poter davvero vivere felice?

“Il modello di Rodin” è stato interpretato da Giordano Bassetti, in un ruolo complesso e articolato.

Andato in scena dal 23 al 25 febbraio presso il Theatre De Poche, lo spettacolo non è di certo semplice e non per tutti.

Coraggiosissimo Giordano Bassetti, apprezzato attore della compagnia di Buccirosso che si sveste di quei panni per non indossare altro.

Per quasi tutto lo spettacolo, da quando il maestro, inesistente in scena, gli chiederà di spogliarsi, rimane nudo agli occhi degli spettatori.

Con loro condivide la vergogna, l’umiliazione, ma anche la voglia di farsi vedere, di esibire ogni intimo gesto.

Lo spettacolo avrebbe potuto prendere una piega ancora più folle e spinta, mostrando quello che l’attore invece racconta.

Pur osando molto, sceglie la strada del monologo raccontato più che vissuto, facendo indossare a Bassetti, talvolta anche i panni di Rodin.

Un monologo sui generis quindi, che non si limita a raccontare, ma che viene anche interpretato a più voci.

In alcuni momenti si sente la necessità della presenza di un altro attore, di incarnare Rodin stesso, forse per accentuare ancora di più il contrasto con Bassetti.

Il testo di Antonio Mocciola mette in evidenza la “sconcezza” di un rapporto così intimo, parlando di un lato nascosto dell’artista.

Un riflettore puntato su un legame morboso, osservato sotto vari punti di vista, e mettendo tanta carne al fuoco.

La regia appare pulita non avendo quasi niente in scena se non un piedistallo e una nudità che appartiene quindi anche allo spazio.

Uno spettacolo forte e coraggioso, pienamente in stile Mocciola che sottolinea in un nuovo testo una serie di temi già snocciolati nella sua carriera.

Gaetano Cutri

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