“Il grande Flebowsky” e le sue storie di ordinaria corsia

L’attore romano Nicola Pistoia al Teatro Lumière con un curioso viaggio attraverso gli scanzonati reparti della sanità italiana.

C’è un posto frequentato sovente da noi comuni mortali che, per dovere o necessità, ci ritroviamo a visitare e setacciare. Varcando quella soglia non sempre sappiamo cosa ci attende, né quanto tempo ci costerà quell’excursus, ma rimbomba chiaro nella mente l’eco ansioso di uscirne il prima possibile. Per chi non ci fosse arrivato si sta parlando degli ospedali, spesso visti come “non luoghi” per il loro anonimato privo di identità, con l’handicap non trascurabile del disagio che aleggia nell’aria, dove farse e drammi si esasperano all’inverosimile. Molti hanno la fortuna di poterci fare una capatina veloce ma c’è chi, invece, è destinato a trascorrerci intervalli più prolungati, diventando un vero e proprio ‘Cicerone’ delle lunghissime corsie sempre in movimento.

Per chi ancora non lo conoscesse l’umile uomo traumatizzato da tale sorte è Flebowsky, acclamato da tutto il personale medico come “il grande Flebowsky”, un paziente davvero devoto, un guerriero dall’armatura fatta di flebo, eccezionalmente rodato sulle malattie e patologie più rare, per la sola ragione che lui le ha contratte tutte, ‹‹imparando a ricoverarsi prima di imparare a camminare››. Il suo peregrinare per le segrete stanze dei policlinici più disparati l’ha aiutato, inevitabilmente, ad acquistare familiarità e disinvoltura con tutto lo staff sanitario, tra cui infermieri, professoroni, specializzandi e persino primari, che lo riconoscono da lontano e lo coccolano quasi come un lontano parente, perché lui ormai è diventato il loro ‹‹degente da manuale, un’artista affezionato alle infezioni››. Nicola Pistoia è così che descrive il suo personaggio, ispirato alle vicende tratte dal libro di Fabrizio Blini dal titolo “Storie di ordinaria corsia”, un uomo tragicomico che inietta dosaggi umoristici dal retrogusto socialmente benefico. Con lui sul palco del Teatro Lumière due attori degni di nota per le loro esuberanti e chiassose interpretazioni, Ketty Roselli e Armando Puccio, esempi modello dell’ampio cosmo di presenze che affollano i pubblici ospedali, dalla voce aggraziata anche quando se la canta, lei, dalla mole minuta ma da “botte piccola e vino buono”, lui.

Il poliedrico mattatore Nicola Pistoia pilota con crescente humor questo reality show dalle battute irriverenti e sottili, narrando con diabolica ironia il clima goliardico che imperversa nelle sale sanatorie, con l’assoluta convinzione che l’efficace medicina davanti alla malattia sia una fervida tenacia. Ci richiama così ad un atto di meditazione rispetto alle nostre posizioni di malati inguaribili, che se la fanno addosso anche per la più banale affezione. Il grande Flebowsky dà prova di riuscire pienamente in questo intento, non solo impara a ghignarsi dei propri dolori, ma cerca di proporre una visione alternativa, un’interazione più bilanciata tra malati, medici e cliniche: una condotta indolore nell’approcciarsi alla patologia, auspicando a una “buona sanità” di vivere che diventa una prassi quasi paradossale ma amabilmente smaliziata e contagiosa, una forma di prevenzione per meglio affrontare possibili ricoveri. E allora disabituiamoci a vedere gli ospedali come pianeti ambigui solo perché tutto procede al contrario, infatti è risaputo ‹‹si passi col rosso e ci si fermi col verde›› e il posto più freddo sia la ‹‹camera ardente››, ma dopotutto il buon umore va alimentato e forse ‹‹niente è così grave da non poterci ridere sopra››.

Con questa esilarante comicità, tutta da gustare, ecco che la messinscena diventa terapeutica, il sorriso si trasforma nella fonte di ispirazione per i pazienti più insanabili, unico sollievo contro tristezze e rassegnazioni più ostinate. Un messaggio importante che invita a riflettere senza farci perdere mai di vista ciò che più conta nella vita, apprezzando l’emissione di ogni singolo respiro che fuoriesce dai polmoni, di cui troppo spesso ci dimentichiamo il vigore. Sicuramente una scrittura con le bollicine quella che sgorga da questo spettacolo per la regia di Gigi Piola, un’ironia piena di doppi sensi, di piacevole spontaneità e consistenza per i temi trattati. Nonostante il suo assetto drammaturgico non si presti alle arene teatrali, il suo susseguirsi di brillanti gag dalle tinture accattivanti ne fanno un varietà dinamico e medicamentoso, un’anestesia locale filtrata da flebo ossigenanti che ben eclissano dolenze e preoccupazioni, prezioso souvenir da portare a casa e custodire con cura, anche vicino alla portata dei bambini.

Firenze – TEATRO LUMIERE, 30 gennaio 2015.

Mara Marchi

IL GRANDE FLEBOWSKY, Storie di ordinaria corsiaRegia: Gigi Piola; Aiuto regia: Annalisa Biancofiore; Produzione: Nuova Compagnia di Prosa; Disegno luci: Marco Laudando; Interpreti: Nicola Pistoia, Ketty Roselli, Armando Puccio.

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