Per l’Anzi folk festival, diretto da Vincenzo Petrone, l’autore e regista Antonio Mocciola – anzese da parte paterna e materna – ha confezionato uno spettacolo “ad hoc”, in cui un soldato anzese sul Carso, durante la prima guerra mondiale, parla e canta la sua terra lontana, e allo stesso tempo scaglia velenosi dardi anti-militaristi, mettendo alla berlina le dinamiche – spesso comiche, per non dire patetiche – di ogni conflitto. Il tutto è affidato a Giuseppe Brandi, cantante e attore, che armato solo di chitarra, a piedi nudi, il 20 agosto offrirà al pubblico l’esordio assoluto di uno spettacolo che, già dal titolo, omaggia Carlo Levi.
“I contadini non cantano” è uno spettacolo in cui, forse per la prima volta nella tua carriera, si abbinano e si incastrano perfettamente le tue qualità di cantante e di attore. Come ti approcci a questa esperienza?
Per me è come fare incontrare due tuoi cari amici che conoscono te, ma non l’un l’altro. È decisamente emozionante.
Avete ripescato canzoni di guerra e di pace, di diserzione e di lotta, assieme a un testo dai forti contenuti anti-militaristi. E’ stato difficile lavorarci?
Beh, ho in comune con Rocco (il mio personaggio), il ripudio per la guerra. È stato abbastanza spontaneo, sotto questo punto di vista. Difficile è stato immergersi in situazione disumane, come quelle del fronte sul Carso.
Qual è il repertorio musicali che ami di più interpretare nelle tue serate dal vivo?
Grazie a mia madre, ho scoperto i Beatles da bambino. Diciamo che il mio repertorio si basa sul rock. Ma amo tantissimo suonare anche il cantautorato nostrano
E’ la terza volta in pochi mesi che torni in Lucania. Cosa pensi di questa terra così remota e poco conosciuta?
La Lucania è magica, non lo dico per piaggeria. C’è un senso di accoglienza straordinario, che è proprio di chi ama visceralmente la propria terra.