“Hybris”, ovvero la deriva dell’essere umano

L’ultimo lavoro di RezzaMastrella, candidato come miglior spettacolo teatrale ai premi UBU 2023, è di scena al Teatro San Ferdinando di Napoli fino al 3 dicembre.

La porta è la linea di demarcazione tra due mondi: l’interno e l’esterno, il dentro e il fuori. Per quanto essi sembrino mondi incomunicabili e contrapposti, i confini sono labili. La famiglia si sente protetta all’interno della propria dimora, delimitata da una soglia a prima vista inviolabile. Eppure, anche l’interno – poco importa che lo spazio sia ampio o ristretto – è profanato da convenevoli, false convenzioni, ipocrisie, vuote formalità, e talora da tragedie annunciate. Sono questi alcuni motivi di fondo di Hybris di Flavia Mastrella e Antonio Rezza, un atto unico, candidato come miglior spettacolo teatrale ai prestigiosi premi UBU 2023, che ha debuttato nel luglio 2022 al Festival dei Due Mondi di Spoleto e che è attualmente di scena al Teatro San Ferdinando di Napoli, fino al 3 dicembre. Lo spettatore che non conosca Rezza potrebbe al primo impatto rimanere disorientato, nel tentativo di rintracciare una logica nel nonsenso (che pure lo porterà ben presto a prorompere in una risata liberatoria). In realtà, al di sotto di una superficie apparentemente priva di significato, si cela uno studio meticoloso sulle dinamiche umane e sociali, si cela la disperazione dell’individuo che non riesce a relazionarsi con l’altro, se non in modo formale e fittizio.

Tonj (sic!) inizia una relazione con Chiara per provare a colmare il suo disagio esistenziale. Quando le rispettive famiglie si conoscono, il trionfo della formalità esplode in una presentazione senza fine dai ritmi vorticosi e di vaga ascendenza burchiellesca, presentazione che in realtà è solo uno dei tanti virtuosismi del performer Rezza. Tonj vuole in seguito legarsi ad Antonetta, ma in questo è osteggiato dalla madre, con la quale, nello spazio architettonico meschino di una dimora angusta, consuma rapporti incestuosi. La morbosità della madre scatenerà il dramma finale in cui nessuno potrà salvarsi, perché l’uomo – cruda verità – alla fine è solo; un dramma in cui la censura di improperi e ingiurie blasfeme è garantita dal suono continuo di un fischietto.

Rezza, antieroe tragico, novello Prometeo al tramonto di un’epoca, nello spazio minimale ma funzionale dell’habitat concepito dalla mente di Flavia Mastrella, con un atto di hybris, sfida i limiti imposti dalla società, nel disperato tentativo di rubare il fuoco della verità, di affermare la propria autentica essenza e comunicarla agli altri, di avere – per citare un precedente spettacolo – «vocione in capitolo». Impresa destinata a fallire (del tutto inutile sarà il ricorso all’analisi, quella grammaticale prima e quella logica dopo), dal momento che gli ostacoli contro i quali l’individuo sbatte sono insormontabili. La stessa vita quotidiana è insidiata da tanti atti sprezzanti di hybris (che però dai più non sono mai percepiti come tali), come quella di chi, con fare inquisitorio, chiede: «Chi è?», quando bussano alla porta (perché non lo si chiede mai a chi è dentro?), o quella di chi interpreta, in modo distorto, la lettura del labiale attraverso i vetri delle finestre come un oltraggio verso i sordomuti. Tracotante è chi è falsamente tollerante, chi giudica, discrimina, esclude. In assenza di una via di uscita, non resta altro che il valore esorcizzante della risata, innescata dall’amara constatazione che la società moderna è deforme e oggettivamente spregevole; una società in cui le elezioni politiche propongono solo simboli e candidati inutili, in un contesto internazionale in cui gli americani possono giustificare una qualunque aggressione militare. Immancabili gli strali veementi contro la religione. Neppure la nudità è una garanzia di salvezza, perché anche di fronte ad essa il metal detector continuerà a suonare. Tutti questi elementi dalla carica fortemente perturbante sono stati partoriti da due menti geniali: Rezza, che, affiancato per la prima volta da un numero corposo di interpreti tra cui l’inseparabile Ivan Bellavista, si sforza di comunicare, urla, intona note (in un mondo capovolto la Primavera di Vivaldi diventa di Donizetti), sbatte incessantemente la porta (che porta con sé), si muove per 1 ora e 20 minuti, con un’energia inesauribile nell’habitat; Mastrella, che quell’habitat l’ha plasmato in consonanza con la performance di Rezza, degli attori e dei non-attori in scena. Indubbiamente due dei più originali esegeti del nostro tempo.

Massimiliano Longobardo

HYBRIS
di Flavia Mastrella, Antonio Rezza
(mai) scritto da Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo Di Norscia, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli
e con la partecipazione straordinaria di Cristina Maccioni
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat: Flavia Mastrella
disegno luci: Daria Grispino
assistente alla creazione: Massimo Camilliproduzione: RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro di Sardegna, Spoleto Festival dei Due Mondi.

 

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