A un mese dal debutto al Piccolo Cts di Caserta, diretto da Angelo Bove, Giuseppe Brandi, interprete e regista di “Ero Verlaine”, ci racconta come ha costruito, dal testo di Antonio Mocciola, la controversa figura del poeta francese. Sulla scena, completamente nudo per tutto lo spettacolo, Brandi é pronto a descrivere la parabola discendente di Paul Verlaine, incarcerato per aver tentato di uccidere il suo grande amore, Arthur Rimbaud.
In scena sei da solo, completamente nudo per tutto lo spettacolo. Di fronte a te, la presenza e l’attenzione di tanta gente che chiede al tuo corpo, alla tua voce, di raccontare una storia, senza nessun tipo di orpello, di scena, o di effetti speciali. Hai già affrontato brevissime scene di nudo in “Colpo di grazia” e “Dispacci da Mosca”, ma questa volta sei da solo, e per tutto il tempo, esposto al pubblico. Cosa ti spinge ad affrontare questa sfida, in cui l’intenzione, il gesto, acquisisce una fragilità, un’emotività più viva, più cruda? Come la vivi? Secondo te c’é ancora pregiudizio in Italia nei confronti del nudo, specie maschile, al cinema o in teatro?
Pensando al panorama letterario e artistico attuale, chi sono – secondo te – gli eredi dei poeti maledetti? Oggi come oggi, un nuovo Verlaine troverebbe spazio e ascolto?
E’ la seconda volta che affronti un monologo, ma nel precedente lavoro, “I contadini non cantano”, avevi con te l’amata chitarra. Questa volta non hai nulla, se non la tua voce e il tuo corpo. Nel contesto del tuo percorso artistico, come si pone questo spettacolo, così diverso dal consueto? E come pensi che verrà accolto?