Arriva al Fellini di Catania “Nel ventre” di Antonio Mocciola
Salvo Lupo, zolfataro nudo nel centro della terra

Arriva per una data speciale al Teatro Fellini di Catania “Nel ventre”, un testo di enorme intensità portato con successo a Roma, Milano, Napoli e Piacenza ed ora al debutto in Sicilia, proprio nella terra in cui è ambientato.
Siamo nel 1909, il terremoto ha da pochi mesi distrutto Messina, e un giovane sopravvissuto è assunto in una zolfara nissena, dove spera, scavando sottoterra, di ritrovare la madre inghiottita dalle macerie e mai più ritrovata. La condizione durissima in cui lavoravano i carusi, a partire dal fatto che fossero nudi per l’altissima temperatura delle miniere, è qui ritratta con perfetto realismo, a partire dal fatto che lo stesso Salvo Lupo recita, per tutto lo spettacolo, completamante nudo. E mai come stavolta il nudo é necessario e funzionale, nel raccontare una storia che lascia senza fiato.
C’è sogno, magia, ma anche crudissima realtà in uno spettacolo teso e denso, nato dalla fertile penna di Antonio Mocciola ed affidato alla regia di Marco Medelin e al talento di Salvo Lupo, attore e musicista palermitano. Uno spettacolo che ha sedotto il pubblico di tutta Italia, e che ora finalmente arriva sull’isola. Abbiamo incontrato Salvo durante le prove.
“Nel ventre” è un viaggio onirico ma anche molto crudo e realistico all’interno di una miniera siciliana di inizio ‘900. Da isolano, come ti sei approcciato a questo lavoro? Cos’hai messo – se lo hai fatto – di tuo in questo piccolo minatore?

Sicuramente il mio approccio in quanto isolano è abbastanza sentito visto che si tratta di un caso storico legato alla mia terra d’origine; per quanto riguarda l’aver messo qualcosa di mio mio o meno è indubbio soprattutto per quanto riguarda il rapporto con gli affetti del personaggio.

Il tuo essere musicista e cantante, oltre che attore, condiziona il tuo modo di recitare?

No, semmai è il contrario, sono le mie attività in campo musicale ad essere condizionate da quello attoriale.

In scena sei da solo, completamente nudo per tutto lo spettacolo. Di fronte a te, la presenza e l’attenzione di tanta gente che chiede al tuo corpo, alla tua voce, di raccontare una storia, senza nessun tipo di orpello, di scena, o di effetti speciali. Cosa ti spinge ad affrontare questa sfida, in cui l’intenzione, il gesto, acquisisce una fragilità, un’emotività più viva, più cruda? Come la vivi? Secondo te c’é ancora pregiudizio in Italia nei confronti del nudo, specie maschile, al cinema o in teatro?

Negli ultimi anni moltissime persone stanno cercando di sdoganare i pregiudizi legati al nudo, la maggior parte di loro, ahimè, ritengo non lo stia facendo in modo appropriato, personalmente non l’ho mai presa come una sfida al buon costume o ai formalismi, anzi il pubblico ha sempre reagito in modo positivo alla cosa. Il motivo per cui ho preso in mano questo progetto è molto semplice, mi piaceva la storia e a livello drammaturgico era scritto in modo emozionante, fin tanto che c’era una storia da raccontare e allora il nudo diventa un normalissimo costume di scena e non il perno su cui regge lo spettacolo.

E’ la prima volta che porti questo testo in Sicilia, e dopo Catania sarà la volta, a dicembre, della tua Palermo. C’è un’emozione particolare nell’affrontare il pubblico “di casa”?

Assolutamente, non vedo l’ora di vedere le facce degli amici che mi verranno a vedere 

Quali sono i personaggi interpretati che ti sono più cari, che in qualche modo ti sono “rimasti dentro”?

Non mi sono mai preso il lusso di decidere quali personaggi ho amato di più interpretare, ognuno di loro rappresentano un aspetto della vita che mi ha spinto a vedere la mia sotto altre prospettive ed è anche questo il bello del mestiere dell’attore.

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