Giorgio Fiorentino, il sorriso mascherato
“Oltre il comico c’è molto di più”

Reduce da un’annata ricca di soddisfazioni con la collaudata ditta artistica assieme ad Enzo Catapano, Giorgio Fiorentino, classe ’83, è pronto a programmare la nuova stagione. Sulla sua carta d’identità, un nome impegnativo campeggia.

Eh già – rivela – sono nativo di San Giorgio a Cremano, la città di Massimo Troisi. Per noi lui è tutto,  e chi pensa che la sua arte fosse veracità e improvvisazione, sbaglia. C’era studio, applicazione, professionalità. Non era solo un genio”. Eppure, una nota amara non manca: “A San Giorgio manca un cinema, nella città di Troisi non c’è un luogo dedicato all’arte cinematografica. E’ una lacuna gravissima”.

Per questo attore che nell’aspetto ricorda il compianto Renzo Montagnani, la vita non è stata una passeggiata, e con i quarant’anni appena compiuti è necessario fare un punto: “Ho perso mio padre Gennaro troppo presto, avevo appena dieci anni e lui quarantacinque, per un infarto fulminante. A lui e a mamma Patrizia dedico i tatuaggi in giapponese che ho su un polpaccio. Mi sono rimboccato le maniche, e ho cominciato presto a lavorare, dopo aver frequentato le stesse identiche scuole di Troisi, ovviamente in anni diversi: le medie a San Giorgio e l’istituto Pantaleo per geometri a Torre del Greco”.

Ma il palco chiama: “Ho frequentato i villaggi turistici da animatore, conoscendo migliaia di persone. Adattarsi a un pubblico di volta in volta diverso, spesso all’estero, è stato faticoso ma anche molto formativo. Lasciare gli affetti a casa non è facile, ma devo a quegli anni tutto quel che ho imparato”.

Da un anno la vita di Giorgio e della sua compagna è rischiarata da Azzurra, una splendida bambina che anche nel nome porta una delle passioni del papà, il Napoli, la cui data di nascita (1926) campeggia tatuata sulla caviglia. “Negli anni dei villaggi – rivela – ebbi l’occasione di andare alla Bracco da Velia Magno, ma ero giovanissimo, mi trovavo in Grecia e non diedi eccessivo peso alla proposta. E’ un rimpianto grande, ma ormai è andata così”.

Intanto, con Catapano le date in Campania, e non solo, gratificano il mestiere ed il cuore di questo generoso ragazzo del sud: “Ci facciamo da soli” e “A mare con tutti i panni”, in cui c’era anche Denny Mendez, sono stati grandi successi, ma sono certo che anche “Mamma ti sposo”, di cui presto cominceremo le prove, lo sarà. Con Enzo c’è un legame a 360 gradi, pur essendo profondamente diversi, non tanto per i dieci anni di differenza, essendo lui del ’73, ma perché lui è sicuramente più mondano e più attento anche agli aspetti sociali del nostro mestiere. Io per esempio uso i “social” con molta parsimonia. Amo lavorare in coppia, non mi sono mai sentito un solista”.

La lunga esperienza torinese, cominciata col servizio militare e proseguita poi per diversi anni, ha influito sul suo modo di vedere l’arte: “Detesto lo stereotipo del napoletano che canta, e infatti sono stonato, poi in generale tutti i luoghi comuni mi infastidiscono. Cerco sempre nuove sfide, e infatti mi mancano ruoli drammatici, che possano arricchire il mio bagaglio. Ammiro molto Lello Arena, che è andato oltre la comicità, e rimpiango Lello Radice, che con la sua voce, in una indimenticabile “prima” di “A mare con tutti i panni” nel suo teatro di Castellammare di Stabia, ci riuscì a dare un brivido, pur essendo lui ormai molto provato dalla malattia”.

Il colpo di fulmine con la televisione avvenne in un’occasione un po’ fortuita: “A Tele A sostituii Romina Parisi, incinta, per condurre “Tifo Azzurro” per cinque puntate. Fu una gioia abbinare il mio lavoro alla passione per il Napoli. Vorrei tanto ripetere quest’esperienza, sento che la telecamera mi si addice”.

E se c’è qualcuno a cui deve dire grazie non a dubbi: “A me stesso. Nessuno mi ha regalato nulla”. Eppure, sul polpaccio che ricorda un passato da calciatore, quegli ideogrammi giapponesi sono qualcosa in più di semplici lettere. E’ il cuore che batte, anche oltre la vita.

Antonio Mocciola

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