Elisa Forte in “Potresti cadere nell’aria”
i brividi di una donna sola contro il mondo

Se il titolo è poetico, “Potresti cadere nell’aria”, la temperatura dello spettacolo che Antonio Mocciola ha scritto per la regia di Maria Grazia Adamo e l’interpretazione di Elisa Forte è invece inquieta e disturbato. Andato in scena al Teatro Ugo Betti di Roma in anteprima nazionale, il testo colpisce come un pugno nello stomaco, lavorando ai fianchi dello spettatore minuto dopo minuto. La donna che racconta la sua storia, in una sorta di flusso di coscienza regressivo partendo dai giochi dell’infanzia, rivela solo nel finale la propria identità, mentre attorno a lei emergono – come fantasmi dall’armadio – i genitori, i primi insegnanti, le prima amicizie, le prime delusioni. Con una regia attenta e allo stesso tempo semplice e lineare, la Adamo scolpisce sul volto e sul corpo della Forte tutti i detti e i non detti del testo, concedendosi anche danze liberatorie e demistificanti. Tra ossessioni alimentari, interrogativi improvvisi e lampanti epifanie, il personaggio interpretato da Elisa Forte vive con naturalezza tutto ciò che la società trova riprovevole, come una sorta di Alice in un paese di ben poche meraviglie. Ostile per natura al concetto di “normalità”, la ragazza finisce presto ai margini del mondo, continuando a danzare anche senza musica, tra il raccapriccio dell’insegnante che non a caso l’ammonisce con stizza e finta apprensione: “Fai attenzione, potresti cadere nell’aria”.

Notevole l’adesione di Elisa Forte a un personaggio difficilissimo e ricco di insidie. Calorosa l’accoglienza in tre serate che sono state sempre più ricche di consensi e calore, per un testo di rara emotività e tensione, carico di quella ambiguità che, quando Mocciola scrive per le donne, diventa ancora più acuminata.

Prossima tappa: Crotone, città d’origine della regista, da tempo adottata dalla Capitale, e fervido motore culturale della città. Questo spettacolo merita di essere visto ancora da tanti, e – perché no – anche nelle scuole. In questi tempi di bavagli e ritorni al medioevo, il teatro potrebbe rispolverare l’antica e più nobile funzione: risvegliare.

Fabrizio Patera

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