Daniele Arfé, un imam nell’inferno del carcere
“Portiamo in teatro vite di uomini nascosti dalla storia”

Al teatro Serra di Napoli dal 5 al 7 gennaio, per la regia di Gianluca Bosco, va in scena “Chiunque tu sia, ti prego, rispondi”. Abbiamo incontrato uno dei due protagonisti, assieme a Valeria Esposito, ovvero il giovane Daniele Arfé.

Una storia vera, un imam rinchiuso a Guantanamo, è alla base di questo spettacolo violento e dissacrante di Antonio Mocciola. Cosa ti ha coinvolto di questa storia?

La storia di Omar è una delle tante storie ignorate dai media tradizionali e mi affascinava l’idea che il teatro potesse dare voce a personaggi come lui. Nella nostra quotidianità siamo costantemente bombardati da notizie che cercano di rincorrere gli avvenimenti mondiali e poter trovare un luogo che offre un momento di riflessione e approfondimento è quanto mai necessario di questi tempi.

Il fatto che certi drammi si vivano così lontano da noi (apparentemente) secondo te attenua l’emozione? La religione può ancora, nel 2023, permettersi il lusso di generare morte?

Il periodo storico che stiamo vivendo è la massima espressione di come l’essere umano, per motivi religiosi ma non solo, possa spingersi a compiere azioni crudeli nei confronti degli altri. Questa storia offre la possibilità di legare un contesto storico specifico, spesso dimenticato, a sofferenze umane universali in cui tutti possono riconoscersi.

In scena, in alcuni momenti, sei completamente nudo. Di fronte a te, la presenza e l’attenzione di tanta gente che chiede al tuo corpo, alla tua voce, di raccontare una storia, senza nessun tipo di orpello, di scena o di effetti speciali. Cosa ti spinge ad affrontare questa sfida, in cui l’intenzione, il gesto, acquisisce una fragilità, un’emotività più viva, più cruda? Come la vivi?

In questo spettacolo la nudità è funzionale a rappresentare la fragilità del protagonista in maniera assoluta. Ogni tipo di accessorio sarebbe stato ridondante e avrebbe allontanato il pubblico, che in questo caso diventa anche testimone e interlocutore. Con queste premesse è più facile affrontare quest’esperienza libero da tutti i timori del caso e concentrarsi sull’essenza dello spettacolo.

Nel contesto del tuo percorso artistico, come si pone questo spettacolo, così diverso dal consueto?

Trovandomi agli inizi della mia carriera da attore sono ben disposto ad esplorare tutti i generi di spettacolo e questo, in particolare, permette di mettersi alla prova su diversi fronti. Il nudo integrale, i monologhi intensi, il rapporto viscerale del personaggio con la religione sono tutte opportunità di crescita che potrò aggiungere al mio bagaglio professionale.

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