“Armine, sister”: ereditare una testimonianza

A Fabbrica Europa lo spettacolo di Teatr Zar dedicato alla popolazione armena dell’Anatolia e al suo genocidio.

3. Teatr Zar, Armin,SisterPiù che sul fatto storico o sul suo triste negazionismo, la compagnia polacca Teatr Zar si è focalizzata sul silenzio. Quel silenzio che dura da 100 anni e che ha lasciato che l’Europa ignorasse il genocidio degli armeni avvenuto tra il 1915 e il 1916 durante le deportazioni in Anatolia. Quello stesso silenzio che purtroppo riguarda anche altri eventi e tutte le “bugie della storia”. Il governo turco ha da sempre sminuito e persino negato il massacro degli armeni, fino a condannare tuttora per vilipendio all’identità nazionale chiunque ne parli perché ne riconoscerebbe l’esistenza (molti gli intellettuali costretti a lasciare la propria terra per non essere arrestati). Per spezzare questo terribile silenzio “Armine, sister” è stato presentato in prima nazionale alla XXIIesima edizione del festival Fabbrica Europa presso la Stazione Leopolda di Firenze. Il titolo riprende l’incipit di una lettera destinata a rimanere nel tempo e nello spazio, una lettera di coloro che sono morti durante lo sterminio e che cercano di combattere l’ignoranza e la non-azione europea. La performance rientra in un progetto molto più ampio che comprende anche mostre fotografiche, conferenze e concerti.

10. Teatr Zar, Armine,Sister“Armine, sister” non è uno spettacolo. Una volta entrati si è chiamati a “partecipare” alla cerimonia; seduto ai lati di una scena apocalittica in cui predominano i resti di una chiesa abbandonata, 16 colonne, il pubblico viene coinvolto emotivamente in una serie di azioni sceniche non lineari, in cui il rituale di memoria è scandito dai canti. Per costruire questo dramma musicale, che indaga sulla tradizione armena del canto monodico, sono stati coinvolti diversi maestri cantori provenienti da Istanbul, Persia, Iran, Armenia, Anatolia, Kurdistan; in esso a parlare non sono solo i testi delle canzoni, ma anche le immagini cruente evocate dall’azione e dalla gestualità degli attori che richiamano torture, sofferenza, violenze, morte. Intrisa di molteplici sonorità, la scena si arricchisce di rumori metallici, del suono delle botte e delle frustate, del tonfo di enormi portali: un frastuono continuo che disorienta e sottolinea il dolore provato da chi accetta di ereditare questa testimonianza, di diventare testimone dei testimoni, di farsi carico di questa memoria. Allo spettatore è richiesta la sua totale attenzione. Un’attenzione che diventa ascolto vivo. Presenza. Una richiesta che va in netto contrasto con la sabbia che scorre inesorabile dalle fessure delle colonne spezzate, simbolo della cancellazione, della rimozione.

Ed anche quando gli spettatori abbandonano lo spazio scenico di “Armine, sister”, resta il fardello, resta il martirio, resta la desolazione, restano le immagini. Ciò che è stato evocato è destinato ora a restare, indelebile. Teatr Zar ha raggiunto il suo scopo.

Firenze – STAZIONE LEOPOLDA, 10 maggio 2015

Mariagiovanna Grifi

ARMINE, SISTERDrammaturgia musicale, installazione, direzione: Jarosław Fret; Performer/musicisti: Davit Baroyan, Ditte Berkeley, Przemysław Błaszczak, Alessandro Curti, Jarosław Fret, Murat Içlinalça, Dengbej Kazo, Aram Kerovpyan, Vahan Kerovpyan, Kamila Klamut, Aleksandra Kotecka, Simona Sala, Orest Sharak, Mahsa Vahdat, Marjan Vahdat, Tomasz Wierzbowski; Laboratorio permanente di canto modale diretto da: Aram Kerovpyan; Collaborazione vocale: Virginia Pattie Kerovpyan; Scenografia realizzata da un team diretto da: Piotr Jacyk: Maciej Mądry, Krzysztof Nawój, Paweł Nowak, Bartosz Radziszewski, Andrzej Walada; Luci: Maciej Mądry; Coordinazione del progetto: Magdalena Mądra; Tour manager: Joanna Gdowska; Compagnia: Teatr Zar; Con il supporto di: Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica Polacca.

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