Il teatro italiano è in lutto. Mai come questa volta, però, il lutto va al di là della perdita umana o di un artista, grande, come era sicuramente Luca Ronconi. Il teatro italiano è in lutto perché con il grande regista, scomparso a Milano ad 82 anni, chiude un’epoca, quella in cui il suo nome andava scritto con la T maiuscola, perché Luca Ronconi ci lascia tutti orfani, ma, ahinoi, non lascia nessun vero erede.
Di registi italiani bravi, bravissimi, ce ne sono, ma la straordinaria stagione di forza dell’arte scenica, che con Ronconi ha avuto il suo definitivo apice, è irripetibile, e noi tutti piangiamo un genio della scena che, dopo Strehler, ha rappresentato il Teatro italiano nel mondo. Nato in Tunisia, Ronconi, dopo il diploma alla Silvio D’Amico cominciò la sua carriera come attore, ma ben presto passò alla regia, alla quale era straordinariamente destinato.
Come non ricordare la sua messa in scena de “L’Orlando Furioso” di Ariosto riletta da Edoardo Sanguineti, con cui si rivelò in tutta Europa, e che riuscì persino ad entrare nella case degli italiani, grazie alla televisione che in quegli anni (1975) riusciva ad imporre cultura e qualità nientemeno che la domenica sera, raggiungendo ascolti straordinari. La sua immaginifica visione della scena, l’utilizzo di mastodontiche macchine teatrali, che spesso gli hanno attirato anche critiche negative, hanno fatto di lui un maestro incontrastato, al quale si sono pallidamente ispirati tanti emuli. Ronconi era innanzitutto un uomo che amava il teatro e la letteratura, un regista che inventava spettacolo, che sperimentava sui grandi classici senza mai perdere il rispetto per il testo, contrariamente a quanto accade spesso oggi. Dalla trilogia Eschilea alla drammatizzazione di grandi romanzi quali “Lolita” di Nabokov o “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Gadda, o la’indimenticabile rappresentazione (con ben sessanta attori in scena) de “Gli ultimi giorni dell’umanità” al Lingotto di Torino, le sue scelte non erano mai scontate, e niente era lasciato al caso. Chi scrive, solo un anno fa ha avuto il piacere di assistere, quasi di nascosto, alle prove di “Celestina”, al Piccolo Teatro di Milano, mentre dirigeva con dolcezza e forza gli attori, capitanati da una meravigliosa Maria Paiato. L’eleganza, il rispetto e la forza, carpiti in soli pochi minuti di prove, resteranno fermi come tra i ricordi più esaltanti della vita di un amante del teatro.
Luca Ronconi sapeva sbalordire spesso con scelte spiazzanti, come quando optò per tre attrici non più giovanissime, come Annamaria Garnieri, Marisa Fabbri e Franca Nuti, per portare in scena le “Tre sorelle” cecoviane, o, di contro, come quando volle ad interpretare il vecchio Shylock, nel “Mercante di Venezia”, il giovanissimo Fausto Russo Alesi, ed ancora quando diresse nella sua ultima interpretazione, in una rilettura di “Casa di bambola” di Ibsen che intitolò “Nora alla prova”, la settantenne Mariangela Melato, da sempre sua attrice cult, da ”Orlando Furioso”, passando per “Il Caso Macropulos” ed “Il Lutto si addice ad Elettra”. L’addio al Maestro Ronconi avrà luogo a Milano, dove da anni dirigeva con Sergio Escobar lo storico Piccolo Teatro.
Gianmarco Cesario