“Dispacci da Mosca”, in scena a dicembre al Tram, è un testo di Antonio Mocciola destinato a far discutere; si parte dall’invasione della Russia all’Ucraina, ma in realtà il “focus” è l’abuso, il sopruso, il ricatto e il commercio volgare di carne umana. Uno spettacolo politico e intimo allo stesso tempo. Abbiamo incontrato uno dei protagonisti, Arcangelo Orefice.
Il tuo personaggio, che l’autore ha disegnato apposta per te, è un ragazzo italiano che, prostituendosi, prova a sopravvivere in un contesto di abusi e umiliazioni. Che tipo di emozioni ti accompagnano prima di interpretarlo?
Il corpo, fondamentale nella tipica narrazione dell’autore, è qui esposto quasi come agnello sacrificale sull’altare (in questo caso della patria). Hai delle scene di grande pathos in cui reciti completamente nudo. Cosa ti spinge ad affrontare questa sfida, in cui l’intenzione, il gesto, acquisisce una fragilità, un’emotività più viva, più cruda? Come la vivi?
Sicuramente molto sentito, metterci il mio corpo e la mia nudità, fa trasmettere in qualche modo più amplificato ciò che si vuole trasmettere, arrivando allo spettatore prima e in modo più crudo.
Nel contesto del tuo percorso artistico, come si pone questo spettacolo, così diverso dal consueto?
A parte “Dispacci da Mosca” che progetti hai per la prossima stagione?