Il festival che lega città e carcere in un solo grande palcoscenico quest’anno riflette sul tema della ferita dopo il tragico crollo delle mura.
Portiamo tutti dentro di noi piccoli e grandi ferite e lottiamo ogni giorno per rimarginarle. A volte un’intera comunità si ritrova unita suo malgrado a combattere contro il dolore provocato da una frattura e stavolta il crollo delle mura medievali ha congiunto insieme tutti i cittadini di Volterra (in provincia di Pisa): circa 30 metri di mura antiche sono venute giù alla fine di gennaio 2014 a causa del maltempo, decine di abitazioni evacuate dopo i danni provocati dalle forti piogge. Negli ultimi anni, purtroppo, la regione Toscana è tra quelle che maggiormente subisce le tensioni e i drammi dell’allerta meteo. Memori della triste vicenda che ha colpito la città d’arte Carte Blanche e il direttore artistico Armando Punzo, organizzatori del festival VolterraTeatro, colgono l’occasione per riflettere su tutte le ferite, anche quelle umane, invisibili e personali. «La ferita per l’artista è fondamentale, è dolorosa, ma necessaria: produce, trasforma il dolore in bellezza» con queste parole Punzo presenta la nuova edizione di un evento che ormai da 28 anni unisce luoghi, persone e pratiche artistiche diverse: per cinque giorni (dal 21 al 25 luglio) Volterra e altri comuni limitrofi diventano spazio scenico per musica, teatro, danza, arti visive, poesia in un solo progetto che coinvolge direttamente anche la cittadinanza.
Infatti l’ultimo giorno il festival «esploderà» nelle strade della città con “La Ferita/Logos-Rapsodia per Volterra”, evento di teatro collettivo a cura di Archivio Zeta (nelle persone di Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti), compagnia teatrale con cui Armando Punzo ha iniziato una collaborazione. Come per il noto “Mercuzio non vuole morire”, che da due anni occupa strade e piazze, anche questo progetto vede la partecipazione diretta di artisti e cittadini coinvolgendo anche il pubblico presente in un’azione corale. Letteralmente si tratta di “ricucire” (i rapsodi erano i cantori che “cucivano insieme” le poesie di diversi autori greci) i luoghi-simbolo della città con un unico nastro rosso di 20 km: veri e propri nodi rappresenteranno il legame tra spazi e persone, tra memoria e dolore, anche rinsaldato dalla parola dei volterrani che hanno partecipato al laboratorio teatrale (in corso da due mesi) e che reciteranno alcuni testi. Il progetto prende ispirazione dall’opera d’arte del 1981 di Maria Lai che interessò i cittadini di Ulassai in Sardegna.
Particolarità del VolterraTeatro resta comunque l’occasione unica di assistere a un festival allestito quasi interamente all’interno di un carcere. Parte la Compagnia della Fortezza diretta da Punzo con “Santo Genet”, nella cui scenografia sono presenti in mostra i lavori di Mario Francesconi dedicati all’autore francese le cui opere sono un vero esempio di come il dolore si possa trasformare in bellezza artistica. Proprio Genet aveva posto a confronto la stanza-carcere con il teatro, entrambi simbolo di un “luogo interiore” da esplorare. Ancora le mura del Carcere di Volterra ospiteranno “Pitur” di Mario Perrotta (sulle ossessioni e sull’immaginario pittorico di Ligabue), “Piccoli suicidi in Ottava Rima – Vol. I e Vol. II” della compagnia I Sacchi di Sabbia (parodia di scene di avventura, fantascienza e western recitate in ottava rima e in quartine di ottonari), “Ma Mère L’Oye – Scheletri e ninna nanna” della Compagnia Rodisio (Mamma Oca rappresenta la madre cantastorie archetipo di riti di iniziazione all’ignoto), “Teatro Naturale? Io il couscous e Albert Camus” del Teatro delle Ariette (viaggio d’amore di una 17enne che scopre nuovi mondi, nuove culture e nuovi sapori), la creazione site-specific “In-colume/Volterra” di Michela Lucenti con la compagnia Balletto Civile e la partecipazione straordinaria della violoncellista newyorkese Julia Kent (anch’essa sul tema della mancanza, della ferita, dell’incertezza), e infine “Happy Hour” della compagnia belga Wooshing Machine.
Novità di quest’anno: il carcere ospiterà anche altri eventi come il convegno “Artista, comunità e memoria – Dialoghi sulla ferita” a cura di Bianca Tosatti (critica e storica dell’arte, esperta di arte irregolare) sulla figura dell’artista all’interno di una comunità ragionando del “dopo” (verranno proposti tre casi di memoria dissipata su cui riflettere), e la presentazione del libro di Aniello Arena “L’aria è ottima (quando riesce a passare). Io, attore, fine-pena-mai”, ma anche la cerimonia di consegna del Premio della Critica Teatrale ANCT (Associazione Nazionale dei Critici del Teatro) e una sessione di lavoro di Rete Critica che raccoglie siti e blog che si occupano di teatro.
Per legare il carcere alla città il festival si sposta anche all’esterno, nelle vie e piazze di Volterra, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina e Montecatini Val di Cecina, con la maratona poetica “La ferita, il Volo” ideata da Alessandro Agostinelli e Roberto Veracini con 31 poeti e scrittori coinvolti, lo spettacolo di strada “Simurgh” di Teatro dei Venti (con una gigantesca scenografia, costumi pittoreschi, trampoli, bandiere, bastoni e fuoco), il lavoro “Sul tetto del mondo – Nozze d’argento con le Ariette” del Teatro delle Ariette (tutti gli spettatori saranno partecipi della festa per i loro 25 anni di matrimonio con frammenti di repertorio e nuove sorprese).
Tante anche le istallazioni originali e le performance, come i tableaux vivants “Il Panno Acotonato dello Inferno di Teatri 35 dedicati al dipinto della Deposizione di Rosso Fiorentino, la mostra di Michele Munno dedicata allo Skillinger (Vincenzo Sciandra) e quella di Enrico Pantani dal titolo “Konflitto. Anche se m’impegno non digerisco il cetriolo”. Il festival verrà raccontato attraverso i social (Twitter, Foursquare, Instagram e Vine) dal team di #Comunicateatro coordinato da Simone Pacini/fattiditeatro.
Per il programma dettagliato: http://www.volterrateatro.it/
Foto: Stefano Vaja.
Mariagiovanna Grifi