Valerio Binasco ci accoglie in una scena aperta nel rosso del dolore e nel lento incedere degli anni che son passati mentre chino contempla un ramo e scatena la sua tempesta.
L’opera si apre e ingloba la platea tenendola sospesa per tutto il tempo della vicenda. Gli uomini son protagonisti indiscussi, son naufraghi vestiti da pirati, son re e duchi, son spiriti e creature mostruose. Una sola è la donna, Miranda, ancor bambina nel suo timido muoversi, nel suo incessante ed emozionato pianto, nella sua gioia ostinata e nell’irrefrenabile desiderio di Amore. Protagonista è, invece, il mago Prospero ( interpretato dallo stesso Binasco) leggittimo duca di Milano, col quale è naufragata all’età di tre anni su quest’isola deserta, dopo che il geloso fratello di Prospero, Antonio, aiutato dal re di Napoli, lo aveva deposto e fatto allontanare. Prospero è un conoscitore delle arti magiche ed è servito controvoglia da uno spirito, Ariel, che egli ha liberato dall’albero dentro il quale era stato intrappolato da una strega. Il figlio della strega, Calibano, un mostro deforme, è l’unico abitante mortale dell’isola.
A questi personaggi si uniscono i naufraghi portati alla deriva dalla tempesta.
Lo spettacolo ha un ritmo quasi magico nel suo lento srotolarsi. I personaggi si affacciano alla scena con fare circospetto, spaventati e affascinati dall’atmosfera surreale del luogo.
A tesser la trama dei loro movimenti e di quanto, a loro insaputa accade, è Prospero insieme con Ariel. È un’interpretazione eccelsa quella donata da Fabrizio Contri, una presenza un pò annoiata, distaccata dalla realtà, che evoca il grande rain man di Hoffman. Si muove piano, impacciato pur indossanso una maglia da super eroe (superman), eppur è lui che dirige il susseguirsi degli eventi e come un burattinaio muove legni e foglie che son navi e vele.
Violenta è invece la presenza di Calibano, mostruoso nell’aspetto e nel fare, è un ingannevole creatura, incerta e perfida, un’incredibile interpretazione quella di Gianmaria Martini, il suo corpo si contorce e si trasforma senza alcun trucco se non qualche graffio sul corpo, un corpo che teso si tende e urla nella sua quasi naturale deformità.
Il fascino del dramma travolge il pubblico, ci si sente un pò naufraghi, dispersi nel linguaggio visivo e verbale dei dialetti che si sovrappongono, dei colori, dell alternarsi di abiti ed oggetti apparentemente in contrasto fra loro.
È un vortice immobile quello a cui si assiste, un vortice che scompiglia l’animo dei personaggi imprigionati senza via d’uscita. La prigione non è solo l’isola deserta, bensì la brama di potere, la forma d’un corpo mostruoso, è il desiderio di conquista e di ingannar il prossimo.
A Binasco il merito d’aver saputo render magica la più surreale delle commedie shakespeariane. Il filo del sovrannaturale non abbandona mai lo scorrer degli eventi anche quando improvvisi lazzi arricchiscono la messa in scena.
Il pubblico non ha potuto che accogliere con grande entusiasmo questa mirabile prova della popular shakesperae kompany, nonostante le oltre due ore di spettacolo.
Roma, teatro Vascello, 25 febbraio 2014
Elena Grimaldi