“Processo a mio figlio”, grovigli emotivi
tra famiglia e politica

Al TEATROSOPHIA di Roma si è tenuta la pièce teatrale “Processo a mio figlio”, testo di Antonio Mocciola, mente che riscopro sempre brillante, con la regia e adattamento di Guido Lomoro. La storia è ambientata all’epoca del regime fascista, ma risulta purtroppo ancora tanto attuale. Senza svelare troppo la trama dello spettacolo, che calcherà ancora altri palchi teatrali, la messinscena, come preannuncia il titolo, vede coinvolti un padre che mette sotto processo un figlio, nelle sue emozioni, nel suo modo di essere, nella sua intimità e nelle scelte di vita. Succube del padre da sempre e, in un certo qual modo, anche sottomesso da quella imponente personalità, il figlio ora si trova messo in un angolo per aver espresso liberamente il suo amore e la sua sessualità. La vicenda teatrale è molto avvincente, i due attori si confrontano e si scontrano in un duello vero e proprio, fatto di parole e di corpi. La prova attoriale di Francesco Giannotti e Flavio Marigliani è davvero molto notevole, sulla scena non c’è nient’altro se non loro due ma bastano a riempirla. Attraverso i loro movimenti corporei (belle le coreografie di Maria Concetta Borgese), le loro espressioni, i loro gesti, oltre che alle parole, riescono a vestire lo spettacolo della giusta enfasi e lo spettatore ne è letteralmente rapito. Un plauso va anche al regista che, con il suo adattamento che definirei equilibrato, è riuscito a concedere il giusto valore ad un testo di per sé forte e avvincente, coadiuvato in ciò non solo dagli attori, ma anche dal lavoro della coreografa Maria Concetta Borgese.

Alessia Coppola

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