NTFI 2015 – “Euridice e Orfeo”, l’intramontabile fascinazione del canto.

Suggestiva ed evocativa la messinscena di Euridice e Orfeo, la cui regia, firmata da Davide Iodice, ci trascina all’interno di uno spazio scenico sincretico e metamorfico, splendidamente reso da Tiziano Fario, che è per natura lo spazio del mito e delle sue molteplici vite.

Quasi una liturgia, un requiem poetico e romantico, di cui l’evidente pregio estetico è il risultato inevitabile di un lavoro sapiente e attento che Davide Iodice ha portato a termine sul mito e sulla riscrittura del mito.

Il viaggio di Orfeo negli inferi, interpretato da un ottimo Michele Riondino, si svolge tutto sul piano inclinato della fine e dell’accettazione della fine. Il rito delle ceneri, a cui Orfeo è sottoposto all’inizio della messinscena da Hermes (personaggio preso acutamente in prestito dalla riscrittura del mito operata da Rilke), è simbolo di pentimento e di lutto. Ed è anche la chiave d’accesso ad una realizzazione scenica che intende liberare il mito dalla distanza siderale dell’archetipo e proiettarlo in una fitta rete di simboli e inferenze che sono la vera ricchezza dell’operazione.

La dimensione simbolica e narrativa della messinscena ideata da Davide Iodice,  fa di quest’operazione, un’operazione di “ricerca” nel senso alto e reale del termine poiché riesce nell’arduo compito di rileggere in maniera contemporanea il mito, demitizzandolo solo parzialmente e, comunque, in maniera equilibrata, rinunciando a quell’eccesso di paradosso e ironia che, pur presente in alcune letture del mito nel ‘900, rende algido e privo di fascino il dramma dell’abbandono e l’incontro/scontro con la morte. Insomma, Euridice e Orfeo, proprio in virtù della riflessione etica ed estetica che sottende la direzione registica, è un’operazione apprezzabilmente degna di un Festival.

Perfino il testo scritto da Valeria Parrella, davvero sovrabbondante, retorico e del tutto privo di una reale vocazione drammaturgica, viene trasformato dalla regia di Davide Iodice, subisce una metamorfosi orfica e sembra, pur non essendolo, un bordone lirico, un canto, una specie di mantra scenico che trasforma la storia in rito d’iniziazione. Di purificazione e rinascita.

La necessità di metabolizzare la perdita corrisponde allora alla necessità di recuperare la vita e la morte per quel che sono, di vivere in maniera vibrante il ricordo, di consentire a Euridice di essere nella morte e al poeta di riconoscere il profondissimo legame esistente tra la poesia e la morte, tra il genio artistico e la condizione del Non-essere.

Claudio Finelli

EURIDICE E ORFEO di Valeria Parrella
con Michele Riondino, Federica Fracassi, Davide Compagnone, Raffaella Gardon
Musica in Scena Guido Sodo, Raffaella Gardon
Spazio Scenico e Costumi Tiziano Fario
Musiche Originali Guido Sodo
Regia Davide Iodice
Produzione Fondazione Teatro Di Napoli

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