Massimo Volume

Massimo Volume, a Cosenza l’energia e la poesia dei barbari

Massimo Volume live@Teatro Auditorium Unical del Campus di Arcavacata, Rende (CS).

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Hanno diviso la scena underground anni 90’ con Marlene Kuntz, Subsonica, Afterhours. Di quelle atmosfere, quelle sonorità, ne portano un ritratto acceso, dai contorni leggermente sfocati e i colori opacizzati, fedele alla linea. Ma al contrario dei colleghi non si sono mai commercializzati. Mai dati in pasto al mainstream. Un po’ come i poeti sulle barricate, le parole (e la musica) quali esclusivo mezzo di potenza, di affermazione individuale e sociale.

Aspettando i barbari” è il loro settimo album. Sono giunti a queste latitudini, a Cosenza, a presentarlo, in uno dei teatri più moderni, più impressionanti, ma anche più inutilizzati del centro-sud Italia. Un teatro universitario. Qui che i barbari li (ri)aspettiamo davvero, per spazzare violentemente insediamenti coloniali e malcostume regnante, l’assolutamente corrotto da estirpare completamente, farne tabula rasa.

Due ore di musica dal vivo rivestita dalla compostezza apparente di un posto adattato a questo tipo di spettacolo. Una “mise” niente affatto deprimente, contesto e esecuzione, abbigliando invece di sensualità e particolare ricezione audiovisiva. Non impoverendolo dell’energia, benché altamente sofisticata e lirica, di un tipico ascolto a tinte forti, inquiete.

Quattro musicisti sul palco, e il fondale a maxischermo di immagini proiettate. Proposto il disco, più o meno nella scaletta ufficiale, qualche classico, un paio di cult nel ritorno in scena dopo un’ora scarsa di concerto per dedicare altro tempo ai loro affezionati. Tanti, giovani e meno, fan dell’ultima ora e groupies imbiancate.

Sonorità discostanti dalla loro produzione precedente, caratterizzate da un’orma riconoscibile, nei tracciati strumentali piuttosto, meno dominanti le partiture rispetto al passato a uso di un’esecuzione maggiormente espressionista, interiore, disincantata. Suoni, ritmi, turbolenze auditive a confezione di testi dall’accentuata valenza letteraria, prose in mimesi musicali. Gli attacchi e il corpus delle canzoni vengono recitate, il linguaggio sonoro arriva quale prosecuzione non verbale di trattazione e senso. Un nouveau chansonnier ammantato di cupide ombre, Emidio Clementi, frontman e scrittore, carismatico e anonimo, duale come concerne ai poeti, con un piede nella quotidianità e un altro fuori ad osservarne le miserie. Cita John Cage, Danilo Dolci, dà corpo sonoro a metriche secche, dure, novecentesche, ricordano l’evocazione e il frammentario di Eliot e Pound. Dicono di esistenze marginali, verità inesplose, un vago senso di bohemme quale antidoto e fuga a meccaniche urticanti, modaiole, di tendenza.

Essenziali, densi, contemporanei con accessori retrò. Ammalianti.

Perché ci sono le vite rotte che solo la notte può lenire o finire di dissipare.

Emilio Nigro

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