Massimo Di Michele porta in scena La Nuova Tonaca di Dio di Jo Clifford, potentissimo e catartico J’accuse della drammaturga cult transessuale.

Proprio nei giorni in cui il mondo cattolico saluta la dipartita del Papa emerito, affrontando luci e ombre di una personalità chiesastica complessa e intransigente, va in scena La Nuova Tonaca di Dio (God’s New Frock) apprezzatissimo testo dell’autrice transessuale cult Jo Clifford che – come correttamente indicato nelle note di regia – con caustica ironia reintreccia l’atavica trama della storia più antica del mondo: la nascita del creato.
In questa prospettiva, la narrazione relativa alla nascita del creato, condotta con sagacia attraverso l’opportuna emersione di aspetti paradossali e illogici della vulgata biblica, diventa l’occasione per portare alla luce quelle convinzioni, quelle menzogne e quelle superstizioni che, a partire da una dogmatica lettura binaria ed eteropatriarcale dell’umanità, sarebbero alla base dell’infelicità e del malessere di tutte e tutti quelli che, sin da bambini, non si sono sentiti di appartenere in maniera completa né ad un genere né ad un altro, soggettività le cui esigenze, i cui sentimenti e, in definitiva, le cui esistenze sono condannate al silenzio poiché – come evidenzia la drammaturga britannica – non sono state mai contemplate dal presunto progetto di Dio e sono pertanto violentemente espulse non solo dall’orizzonte della fede, quanto dall’orizzonte stesso della realtà e della storia.
Il monologo della Clifford, interpretato con eccezionale bravura e coinvolgente autenticità da Massimo Di Michele, che firma anche la regia della messinscena, a guisa di potentissimo e catartico J’accuse, si configura come critica viva e circostanziata rivolta non tanto all’idea spirituale di un eventuale principio creatore quanto alla visione di quel Dio persecutore che sovente le chiese – perseguendo logiche mondane e ciniche finalizzate alla gestione del potere e alla realizzazione del controllo delle masse – hanno veicolato attraverso l’ipocrita parzialità e la crudele faziosità di presuli e rappresentanti  del culto: le “tonache”di Dio che scambiano i propri pensieri per la voce del Signore.
Il monologo termina con una benedizione, una benedizione dalla temperatura laica e liberatoria, una benedizione dal volto umano, una benedizione primigenia e incorrotta, pronunciata al di là della menzogna delle religioni storiche e discriminanti, al di fuori di qualsiasi chiesa, una benedizione che include tutte e tutti, uomini, donne e tutti quelli che non sono né uomini, né donne ma che – come il protagonista della pièce – sono forse qualcosa nel mezzo o qualcosa con un pizzico di entrambi.
Napoli, Teatro Elicantropo, replica del 05/01/2023
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