In prima nazionale al Teatro Fabbricone un grottesco e attualissimo spaccato della società borghese a un passo dalla Grande guerra.
Una pièce di una inaspettata modernità, scritta nel 1908 da un drammaturgo tedesco troppo poco conosciuto in Italia: stiamo parlando de “Le mutande” di Carl Sternheim, presentata in prima nazionale al Teatro Fabbricone di Prato in una nuova produzione curata per il Teatro Metastasio dal dramaturg Paolo Magelli e dal regista Luca Cortina. Inserita nel cosiddetto “Ciclo dell’eroe borghese”, la commedia è parte di una trilogia che comprende “Lo snob” e “Il fossile” e attraverso cui Sternheim racconta l’ascesa della famiglia Maske che, da una iniziale condizione piccolo-borghese, arriverà a guidare un impero industriale in grado di decidere le sorti della Germania e dell’Europa. Il via all’azione viene dato da un avvenimento talmente ridicolo e surreale da risultare in un primo momento sconcertante, salvo poi rendersi conto dell’estrema lucidità con cui il drammaturgo sfrutta tale espediente per fare un disincantato ritratto a tutto tondo della società del suo tempo, sottolineandone cinismo e brutalità. Durante la parata dell’imperatore la signora Luise Maske (un’intensa Valentina Banci) perde le mutande. L’incidente scatena una serie di reazioni nel marito Teobald (Fabio Mascagni), nella vicina zitella, la sig.na Deuter (Elisa Cecilia Langone), nel signor Scarron e nel signor Mandelstam (Francesco Borchi e Fulvio Cauteruccio), due uomini morbosamente attratti dal fascino di Luise.
Una parata di profili che, nello spettacolo pratese, sfila nella casa dei Maske realizzata dallo scenografo Lorenzo Banci: sottili pareti di tulle bianco sostituiscono i muri in un gioco di vedo/non vedo che ha il proprio centro in una zona giorno caratterizzata da un forte realismo. Pensiamo, ad esempio, all’uccellino in gabbia, o al profumo e allo sfrigolio dell’arrosto sul fuoco. È in quello spazio che si definiscono le relazioni tra i personaggi costruite nello svolgersi dell’azione. Lì gli attori della Compagnia Stabile del Teatro Metastasio, a cui si aggiunge per l’occasione un eccellente Fulvio Cauteruccio, mettono in scena nevrosi, manie e opportunismo dei propri personaggi. Un crescendo che sarebbe comico, quasi da disimpegnato vaudeville, se Magelli e Cortina non avessero messo sapientemente in luce gli aspetti più innovativi della pièce di Sternheim. Nelle battute di uomini che vorrebbero proporsi come superuomini, ma che si rivelano malati e impotenti nel corpo e nell’anima, si insinuano i semi di quello che sarà il nazismo: tra una citazione di Wagner e una di Hegel già si intravede l’antiebraismo nascente e l’affermazione di un machismo sterile, privo di amore e di veri valori. Non solo. Poiché un vero classico serve anche a riflettere sull’oggi, è stata ben sottolineata anche la denuncia nei confronti del ruolo della donna, vittima dell’egocentrismo di quegli anti-superuomini. Se infatti tutto ruota attorno alla sognatrice Luise, essa è però solo un oggetto da esibire, conquistare, da sfruttare per le proprie ambizioni. Totale è l’annullamento delle sue esigenze e dei suoi desideri: un uccellino in gabbia, al pari di quel canarino che cinguetta nella gabbia sospesa al centro della scena.
Prato – TEATRO FABBRICONE, 16 settembre 2015
Lorena Vallieri
LE MUTANDE – di Carl Sternheim
Traduzione: Giorgio Zampa; dramaturg: Paolo Magelli; regia: Luca Cortina; scene e costumi: Lorenzo Banci; luci: Roberto Innocenti; assistente alla regia: Giulia Barni; produzione: Teatro Metastasio Stabile della Toscana. Prima nazionale.
Interpreti: Valentina Banci, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Francesco Borchi, Fulvio Cauteruccio.