Lo sguardo di un bambino sulla realtà che lo investe, fissandosi indelebilmente in lui, ‘scoperta’, subita, sorprendente, vivida, danza fluida dai mille toni che unisce colpi e carezze, come arriva la vita quando siamo bambini.
La compagnia di Vigili del Fuoco, poche case dai colori accesi sul mare, delle scarpe rosse, una bottega di biancheria intima. Siamo a Tocopilla, oltre 1000 km a nord di Santiago, Cile, anni ’30.
A distanza di 23 anni dai suoi ultimi lavori per il cinema, Santa Sangre e The Rainbow Thief (pellicole uscite entrambe nel 1990), lo ‘sciamano’ Jodorowsky riprende il suo libro autobiografico ‘La danza della realtà’ (2001) e mette in scena (e a nudo) con consapevole coraggio gli episodi fondamentali del suo vissuto di bambino e Il rapporto con i genitori.
E la sua personalissima mistica selvaggia, straziata e dolce, fatta di corpi che vivono il dolore e la gioia, e di anime che sono quei corpi; clown (il padre era un ex trapezista), sesso, visioni, torture e ‘guarigioni’, icone di santi e di politici, stregoni; alla ricerca di una riconciliazione che appare forse un saluto prima dell’ abbandono finale all’energia della vita.
Film realizzato per ‘curarsi l’anima’, come ha affermato lo stesso Jodorowsky, auto-terapia familiare (vi recitano i figli Brontis, Axel e Adan), messinscena fortemente teatrale, così come il lavoro sugli attori, Jodorowsky (ri)-compone il suo mosaico affettivo in modo toccante, privato e comune insieme.
Viaggio dagli echi felliniani, onirico e iperrealista sull’arte che utilizza simboli come terapia, favola mitica ancestrale, il percorso nell’ inconscio intrapreso da Freud e proseguito dal Surrealismo, approda nel film a un’estetica di potenti immagini/visioni dal sussurro pacificatorio e conciliante. Tre scene su tutte: Jodorowsky accoglie il personaggio che interpreta se stesso bambino e lo induce ad abbracciare il suo dolore ‘tu sei già quello che sarai’ come parte di sé; il padre è un uomo sofferente in ginocchio di fronte alle immagini dei dittatori (Ibanez, Stalin) ‘vissuto mascherato da tiranno’; la madre ricopre di nero da scarpe Jodorowsky figlio impaurito dal buio e se stessa per fargli capire che l’oscurità non può inghiottirlo.
Nel fantasmagorico viaggio rappresentato da spettatori vediamo Jodorowsky trasformare la sua esistenza privata in una lirica simbolica di comunione, l’ abbraccio caloroso con la parte bambina più intima di ognuno di noi, che ha più di un qualcosa che un’affinità con…la magia.
“La danza de la realidad”
Cile 2013, ‘130
di Alejandro Jodorowsky
Con: Alejandro Jodorowsky, Axel Jodorowsky, Brontis Jodorowsky, Adan Jodorowsky, Pamela Flores, Jeremias Herskovits, Basti án Bodeh önfer.
Milano, 3 dicembre 2013
Diego Galdi