“La Celestina” secondo la lettura di Luca Ronconi

Una pullulante commedia umana e il perenne male di vivere nella commedia che Michael Garneau ha tratto dall’originale di Fernando de Rojas 

celeLa scena su cui si dipana la complessa vicenda de La Celestina ha vagamente l’aspetto di una necropoli, affollata di pietre tombali che si scoperchiano, ora per far uscire i personaggi da un infernale mondo sotterraneo, ora per inghiottirli.

In questo paesaggio desolato e spoglio si sollevano e sprofondano le machinae ronconiane. Pareti che scandiscono lo spazio, suggerendo interni; botole che comunicano con equivoci ipogei; alcove su cui si tormenta un amante disperato, su cui si consumano amori estemporanei, o dove giace il copro nudo di una ragazza suicida; porte che si aprono sul nulla, come nei quadri di Delvaux o di Magritte, continuamente attraversate da personaggi che si rincorrono, si cercano, si sfuggono. Nell’insieme, si impone il modulo della linea diagonale, che crea prospettive storpie e disturbanti, simili alle contorte architetture del cinema espressionista: slogature visuali cui contribuisce anche il forte, asimmetrico declivio dello spazio scenico.

Il testo messo in scena non è quello originale. Michel Garneau, poeta, drammaturgo, musicista ed attore del Quebec, ha rivisitato i 21 atti, scritti da Fernando de Rojas all’alba dell’evo moderno, sfrondandoli, semplificandone l’intreccio, restituendoci la vicenda nel linguaggio di oggi. L’espediente tipicamente cinematografico, qui drammaturgico, del flash back salda la scena iniziale con l’ultima.

Lo spettacolo è all’altezza delle cose belle cui Luca Ronconi ci ha abituato, con il suo ormai sperimentato gruppo di attori, qui tutti al massimo delle loro prestazioni.

Maria Paiato è l’anziana mezzana Celestina, quasi monaca nell’abito, meretrice nell’anima, dai diabolici risvolti di fattucchiera, che emergono in una paurosa scena in cui la luce bianca della realtà si tinge di violente tinte infernali. Attorno a lei, che vive “laggiù, vicino alle concerie in riva al fiume”, gravita un mondo di laidi monaci, di servi infedeli, di puttane; ma vi hanno occasionale commercio anche patrizi, vergini rose dalla passione amorosa, tutti a lei accomunati da un fatale destino di morte violenta.

Oltre ai bravissimi Paolo Pierobon, nei panni di Calisto, il patrizio reso insano dal desiderio, e a Fausto Russo Alesi, l’avido servitore Sempronio, un’altra dozzina di interpeti, alcuni molto giovani, danno vita con efficacia a un coro variegato di personaggi che sarebbe riduttivo chiamare minori.

La regia sembra non volerli far dialogare, ma piuttosto scandire battute dove ogni parola ha una sua densità semantica, e spesso distilla, per ognuno, la sua propria filosofia, ora nobile, ora meschina, che nel suo insieme dipinge una pullulante, faticosa commedia della vita. Una scelta che sembra volere restituire la natura gnomica, a metà fra teatro e romanzo, del testo di Rojas.

Ricorrente, nelle parole della mezzana Celestina, quasi uno squarcio di vulnerabilità in una figura coriacea ed insensibile, il tema della vecchiaia, del rammarico per una giovinezza forse mitizzata, ma ormai lontana, appassita nel deterioramento fisico: sentimenti esaltati dal frequente, impietoso confronto con la freschezza, ancorché caduca, dei giovani corpi, con la impudica, ma tenera esposizione della loro nudità.

Uno spettacolo che, al di là delle sua intrinseche qualità formali, come ogni capolavoro autentico, ci parla del presente, di un degrado morale che è così simile a quello della società in cui viviamo oggi, dei suoi peccati pubblici e privati. Ma anche di un universale, perenne male di vivere.

Milano,  Teatro Strehler – 30 gennaio 2015

Claudio Facchinelli

Celestina – laggiù vicino alle concerie in riva al fiume, di Michel Garneau da La Celestina di Fernando de Rojas; traduzione di Davide Verga.

Regia di Luca Ronconi; scene di Marco Rossi; costumi di Gianluca Sbicca.

Con (in ordine di apparizione): Giovanni Crippa, Paolo Pierobon, Lucrezia Guidone, Fausto Russo Alesi, Maria Paiato, Licia Lanera, Fabrizio Falco, Lucia Marinsalta, Bruna Rossi, Lucia Lavia, Gabriele Falsetta, Riccardo Bini, Pierluigi Corallo, Angelo De Maco.

Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

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