“La Bisbetica Domata”: molto rumore per nulla

Dopo il debutto al Napoli Teatro Festival, gira per palcoscenici italiani la versione “all’italiana” della copmmedia di Shakespeare firmata da Konchalovskij

bisbeticaControvera commedia shakespeariana, segnata da una cifra di odiosissimo maschilismo discriminatorio, La Bisbetica Domata compensa solitamente l’inattuale punto di vista del periodo elisabettiano grazie ad un plot che può offrire sia alla regia che agli interpreti spunti per soluzioni sceniche vivaci e brillanti.

Probabilmente, proprio in virtù di quest’eventuale lavoro di ridefinizione scenica de La Bisbetica Domata, i Teatri Stabili di Genova, Toscana e Napoli hanno deciso di affidare ad un maestro della scena contemporanea, quale è il russo Andrej Konchalovskij, la realizzazione di una nuova edizione dell’opera del Bardo. Eppure, se da un lato questa edizione de La Bisbetica Domata, andata in scena per la prima volta durante l’edizione del Napoli Teatro Festival Italia 2013,  intuisce in modo suggestivo la necessità di traslare la vicenda in un’epoca più vicina alla nostra, trasferendo la storia di Pietruccio e Caterina  in una città “metafisica” dell’Italia fascista, dall’altro l’intera direzione della messinscena appare complessivamente poco convincente e poco coerente e ci restituisce una messinscena sostanzialmente slegata sia dal punto di vista interpretativo che registico.

Infatti, nonostante il buon livello artistico del cast messo su da Konchalovskij,  cast in cui spicca l’ottimo Pietruccio interpretato da Federico Vanni, la direzione registica sembra non aver risolto una certa eterogeneità interpretativa e perfino la scelta di operare i cambi d’abito “a vista”, scelta che nella fattispecie non aggiunge alcun valore all’operazione, certamente non può definirsi né innovativa né rivoluzionaria.

Inoltre, pur riconoscendo il grandissimo talento di Mascia Musy, che in quest’occasione veste i panni di Caterina, la bisbetica appunto, urge riconoscere un’evidente distonia tra la cifra romanticheggiante e sospirosa dell’interpretazione della Musy e i toni asciutti, bruschi e nervosi che, soli, avrebbero potuto giustificare la presunta intrattabilità della protagonista.

Lo spettacolo, pur strappando qualche sorriso e qualche momento di piacevolezza, in 150 lunghissimi minuti di rappresentazione non riesce mai a decollare in maniera risolutiva, non raggiunge mai le temperature artistiche e il ritmo serrato che ci si attenderebbe, insomma non presenta alcuna peculiarità che possa giustificare gli ingenti investimenti, le aspettative internazionali e, soprattutto, la qualifica di spettacolo caratterizzante di un festival internazionale.

 

Replica del Napoli, Teatro Mercadante 31 gennaio 2014

Claudio Finelli

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