Il teatro secondo Orazio Ciancone
“Genio e tormento, i miei dolci assilli”

Orazio Ciancone, giovane regista, drammaturgo e sceneggiatore abruzzese, sarà impegnato in un’impegnativa regia al Teatro Elettra di Roma dal 28 al 30 ottobre con due spettacoli brevi, apparentemente lontani eppure coerenti.
“Le ultime gocce” e “Sull’essere un angelo” è un curioso esperimento di doppio set teatrale,
unito dalla tua regia. Ce ne parli?
Mi sono approcciato in punta di piedi al testo meraviglioso di Antonio “Le ultime gocce”, così
potente e asciutto, ricco di contrasti e con un finale così potente e distruttivo. Ho cercato di
valorizzare nelle sue parti dolenti e pulsanti la drammaturgia su Leopardi, cercando in poche parti di
arricchirlo con degli apporti visivi, solo di suggestioni, ed inneschi sonori. Mi innamoro sempre dei
suoi personaggi e credo sia il miglior modo poi per lavorarvi sopra. L’amore e le pulsioni di morte
sono il tema cardine che da Giacomo Leopardi arrivano a Francesca Woodman. Si parla di due
personaggi artistici, molto chiari, molto diretti. La letteratura che incontra la fotografia, la penna che
incontra la luce. In “Sull’essere un angelo” racconto una ragazza, le sue fragilità e le sue potenze
interiori, i turbinii della mente e i tumulti del cuore. Già così possiamo rivedere questi concetti nel
giovane e tardivo Leopardi. Si parla di giovani comunque, tormentati si, geniali sicuramente, umani
e fragili totalmente.
Sono stato così contento di averci potuto lavorare e approcciarmi. Sono felice poi di renderli al
pubblico cercando di sollevare delle questioni, dei dilemmi, in modo da farli vivere nuovamente. E
perché no magari di instillare curiosità per loro tanto da far attivare la ruota della conoscenza e
spingere qualcuno alla ricerca.
Che indole artistica hanno i tuoi attori? Com’è stato dirigere Giulia Carrara e Paolo Sideri,
col quale hai un rapporto che va al di là di questo spettacolo?
Totalmente armonico. È stato un processo lungo per entrambi i due attori entrare a contatto con
Francesca Woodman per Giulia Carrara e con Giacomo Leopardi per Paolo Sideri, ma devo dire che
ognuno di loro due ha saputo trovare un aspetto del loro personaggi a cui si sono aggrappati, a cui si
sono appoggiati ed innamorati. L’innamoramento verso un personaggio credo sia imprescindibile
dal successo e dalla concretezza che un attore può ottenere. Innamorarsi del proprio personaggio,
delle sue attitudini di vita, della sua indole, delle sue bellissime fragilità.
Giulia ha un’indole furiosa, libera, senza barriere, molto gentile e potente. Paolo è anarchico,
sempre gentile, ma fermo e granitico sulle sue idee e intuizioni, molto concreto. Quindi il lavoro
quasi identico è stato anche lì un po’ diverso per entrambi, cercandoli di accompagnare alla scoperta
dei loro personaggi. E soprattutto di cosa avessero in loro di simile ai loro personaggi e di come
potessero sfruttarne a loro vantaggio teatralmente.
Giulia e Paolo li conosco da una vita intera posso dire, è l’ennesimo percorso e progetto che
possiamo condividere ho tanta fiducia in loro e questa si pone alla base per creare una sorta di patto
con cui poter costruire e decostruire i vari racconti. Si crea un cerchio di lavoro molto ricco e
fruttifero.
Il sodalizio con Antonio Mocciola è cominciato con “La controra”, short film che sta dando
alla PICSAT Abruzzo molte soddisfazioni. Dove si incontrano le vostre poetiche?
Le storie e i soggetti di Antonio sono sempre molto interessanti, hanno in nuce dei personaggi
sempre molto complessi e sfaccettati che poi al cinema rendono molto, così come è avvenuto per
“La controra”. Devo dire intervenendo sulla sceneggiatura del corto mi sono innamorato di Ines e di
Giordano e questo amore è stato il carburante adatto per costruire attorno a loro una cornice
​cinematografica adatta al soggetto di Antonio che ne rendesse onore alla storia e contribuisse a
valorizzare la loro potenza visiva. I temi in contrasto e le morbosità insite nei personaggi, le
psicologie sono quelle che mi hanno affascinato e devo dire che con Antonio condivido una certa
visione del mondo, sarà per quello che poi ci siamo intersecati bene, senza conflitti devo dire.
I due spettacoli hanno un forte legame con l’elemento-corpo e la nudità. Tu stesso hai posato
completamente nudo per il progetto “Le vittime di Dio” dello stesso Mocciola. Che esperienza
è stata passare da una parte all’altra dell’obiettivo?
Sinceramente è stata un’esperienza normale. Mi sono sentito pronto di accettare di posare
tranquillamente e partecipare al progetto in maniera molto giocosa. Poi devo dire posare nudo ad un
certo punto diviene anche liberatorio e in qualche modo anche gratificante. Il corpo e il nudo al
giorno d’oggi vengono presi troppo seriamente e a cui si “attaccano” troppo spesso dei grossi pesi
sociali, ma alla fine si parla solo di corpi nudi, naturali. La cosa più naturale e normale c’è, per ogni
essere umano. Mi auspico di far passare questo messaggio al pubblico, mi piacerebbe molto che
arrivasse.
Quali sono i progetti futuri?
I progetti futuri sono molti e di varia natura. Sicuramente di far viaggiare i due corti teatrali e
continuare a teatro attraverso altri progetti teatrali più grandi. Sto scrivendo un nuovo
cortometraggio per il cinema e all’orizzonte mi appresto ad iniziare la stesura del mio primo
romanzo. Sono molto carico per questo 2023, spettacolare. Poi ovviamente voglio mantenere tutte
le collaborazioni attive e aprirmi alle nuove.
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