Lo spettacolo diretto da Giancarlo Marinelli ha nell’interpretazione del grande attore fiorentino il suo straordinario punto di forza.
Venezia. Un ponte, due paline di ormeggio, il mare e la Thora che si alternano sullo sfondo. La città si erge imponente con le sue regole e domina i personaggi lasciandoli muovere in luoghi ove a regger son le leggi del commercio. La Venezia dei mercanti, dove lo scambio di merci, denaro e servi fa da costante al vivere di ognuno.
E’ in questo contesto che la tragicommedia più controversa di Shakespeare si snoda portando alla luce grandi temi: religione, amicizia, amore, antisemitismo.
La regia di Giancarlo Marinelli rende attuale come mai la vicenda. Protagonista Shylock, “ebreo strozzino, cane rognoso” al quale il mercante Antonio si rivolge per permettere all’amico Bassanio (magistralmente interpretato da Francesco Maccarinelli) di corteggiare la ricca Porzia. Shylock pretende come obbligazione, se la somma non sarà pagata il giorno fissato, il diritto di prendere una libbra di carne sul corpo di Antonio. Bassanio accompagnato dall’amico Graziano, ottiene la mano di Porzia, nel mentre una serie di legami amorosi vengono a crearsi tra cui quello fra la figlia di Shylock e il cristiano Lorenzo. Arriva la notizia che, a causa di un naufragio, le navi di Antonio non arriveranno e pertanto Shylock pretende da quest’ultimo l’obbligazione pattuita. Sarà grazie all’ intervento di Porzia che le posizioni dei protagonisti verranno a capovolgersi e con esse l’ epilogo annunciato della vicenda.
Lo spettacolo alterna momenti di grande riflessione e intimo sentire a lievi sberleffi di un fare giocoso. Ragazzi innamorati disposti a tutto pur di raggiungere Amore. La bella Porzia che si prende gioco, insieme con le sue dame, dei pretendenti. Jobbino (la bravissima Cristina Chinaglia), allegro fedele servo veneziano, che con fare sberleffo porta missive e aiuta i suoi padroni, è una meravigliosa nota di pura allegria che si muove lungo tutto lo scorrer del testo. Apparentemente la sola nota dissonante sembrerebbe Shylock che, spietato come mai, rifiuta di mostrarsi misericordioso.
È grandezza di Giorgio Albertazzi a conferire, ciò nonostante, un’ umana aurea al personaggio. Lento il suo muoversi, chino il capo pensando alla figlia scappata via, sofferente nel suo monologo d’un ebreo ghettizzato in una città ove solo ai cristiani e concessa la dignità.
La storia, sembra aver un lieto fine, il peso della giustizia si erge imponente stabilendo una sentenza che sembra dar ad ognuno ciò che merita, eppur resta la sensazione che tutto quanto sia stato conquistato con l’ inganno e il denaro svanisca in un attimo lasciando ai giovani la delusione e l’incertezza e ai vecchi la solitudine e l’amarezza.
Roma,Teatro Ghione – 30 gennaio 2014
Elena Grimaldi