“Il giorno dell’indipendenza”, Giovanni Allocca tenero assassino
“Io, nudo, colpevole e innocente di fronte al male necessario”

 

Per la prossima stagione teatrale, tra i tantissimi impegni, Giovanni Allocca si è ritagliato un esperimento audace che in qualche modo deraglia dal suo iter artistico, di solida tradizione brillante. Ma chi conosce l’onnivora curiosità, l’audacia e l’indole bizzarra e inquieta dell’artista napoletano non si sorprenderà.

“Il giorno dell’indipendenza” é un monologo, ma potrebbe anche dirsi soliloquio, cupo e severo, firmato da Antonio Mocciola, e dal cui testo teatrale – rimasto per anni inedito – è stato tratto il cortometraggio “La controra”. Lo short film, diretto dal giovane Paolo Sideri, ha raccolto consensi e riconoscimenti in tutto il mondo, anche grazie alla eccellente prova di Lucianna De Falco, protagonista con lo stesso Giovanni nel ruolo di una sorella morbosa ed oppressiva, uccisa da lui stesso come unica possibilità di rinascita.

Adesso, come spesso accade, dal cinema si torna al teatro – dove l’idea aveva preso forma – e ad indossare i panni di Giordano sarà lo stesso Giovanni Allocca. Panni si fa per dire: l’attore partenopeo recita per tutto lo spettacolo completamente nudo. Una sfida nella sfida.

“Il giorno dell’indipendenza”, in scena nella prossima stagione, è un monologo teatrale, in cui riprendi il personaggio di Giordano, protagonista del cortometraggio “La controra”. Il film, che ha ottenuto tantissimi riconoscimenti, ti vede accanto a Lucianna De Falco, qui invece sei da solo. Tra teatro e cinema, cambia il tuo modo di recitare?

Non cambia molto il modo di recitare, nel cinema se si tratta di un testo contemporaneo, moderno, come é “La controra”, occorre naturalezza per rendere il personaggio; in teatro, a meno che non sia una farsa o un grottesco, puoi esagerare anche un po’, trovare dei tic. Basta essere sempre credibile.

Lo spettacolo parla di sororicidio, di bisogno di libertà, di abuso sessuale, di dipendenze. Temi drammatici, per te che sei conosciuto come attore brillante. Inoltre reciti completamente nudo dall’inizio alla fine. Che tipo di esperienza é?

Esperienza particolare, ci siamo sempre vestiti di tutto punto, magari in estate, all’apero, coperti di lana pesante. Qui invece, in questo spettacolo, sono per un’ora da solo in scena, tutto nudo davanti al pubblico, esposto, fragile, come lo è il mio personaggio. Non ho altro che la mia voce: é strano, é atipico. Spero di superare quell’attimo di imbarazzo nell’impatto con la scena , con il pubblico. Poi tutto passa: la parola è più importante di qualsiasi indumento, o meno. Privilegio la naturalezza anche in questo.

Nella tua carriera ci sono spettacoli o ruoli di cui vai particolarmente orgoglioso? 

Ci sono tre spettacoli che mi hanno lasciato un segno indelebile. “Sogno di una notte di mezza estate”, per la regia di Tato Russo, in cui ero uno dei quattro protagonisti. “Napoli milionaria”, regia di Francesco Rosi, in cui tutta l’importanza della tradizione era sulle spalle di Luca De Filippo, per me quasi il massimo cui poter aspirare, e infine “L’ultimo pezzo di cotone di zucchero”, per la regia di Pippo Cangiano, con Ida Anastasio. Una carezza che Pippo scrisse per papà, malato di alzheimer. Porto nel cuore questo dono, con grande emozione.

A proposito di tuo padre, il grande, indimenticabile Antonio, si sorprenderebbe nel vederti nel ruolo di Giordano a teatro? Cosa pensi ti avrebbe detto?

Papà era moderno, un attore di tradizione ma per certi versi atipico. Era molto coinvolto per tutto quello che mi riguardava, nel vedermi nudo in scena si sarebbe fatto una sincera e affettuosa risata, magari con un leggero imbarazzo. Sarebbe stato contento del mio percorso, così come io sono stato fiero del suo.

(foto di Luca Petrucci)
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