“Gravity”, Alfonso Cuarón dirige George Clooney e Sandra Bullock nello spazio

Candidato a ben 10 premi Oscar, tra cui miglior film, miglior regista e miglior attrice protagonista, il “techno-thriller” di Alfonso Cuarón è stato presentato in anteprima mondiale alla 70° Mostra del Cinema di Venezia.

Gravity-piu-di-un-film-una-specie-di-miracolo-ma-da-vedere-in-3D_h_partbL’opera di Cuarón è fondamentalmente una storia semplice con una narrativa lineare. Ryan Stone (Sandra Bullock) ingegnere biomedico alla sua prima missione nello spazio e Matt Kowalsky (George Clooney) esperto astronauta al suo ultimo viaggio nello spazio, sono gli unici sopravvissuti ad una pioggia di detriti che colpisce e distrugge il loro Space Shuttle scaraventandoli lontani l’uno dall’altro. L’unico modo per comunicare è attraverso un auricolare. Ma l’azione rivela molti altri significati. I detriti non sono altro che la metafora delle avversità della vita. La domanda da porsi è: come se ne esce? Cosa ci hanno insegnato? Si può rinascere? Tutti i 90 min. del film non sono altro che il periodo di gestazione che riporterà la protagonista a ri-nascere a nuova vita. Così, come nella vita reale, anche nello spazio l’unico modo per poter andare avanti è attraverso punti di riferimento. Gli stessi che Ryan (che si mostrerà come una donna forte proprio come la pietra, “stone”) cerca nel buio dello spazio infinito per poter ritornare sulla Terra.

gravityMolte sono le immagini che rimandano alla metafora del parto come ad esempio lo stato fetale della Bullock dentro la capsula e i cavi che uniscono gli astronauti simili ai dei «cordoni ombelicali».  Per tutta la durata del film, lo spettatore non viene mollato un attimo.  Novanta minuti vissuti in apnea, bomboletta d’ossigeno alla mano, mentre si viene travolti da un’esperienza ai cui titoli di coda si arriva stremati, provati da un misto di sensazioni meravigliosamente poco convergenti. Perché in Gravity si sorride, ci si inquieta e si soffre: di nausea, di claustrofobia, di vertigini. Il film “è una prova fisica travolgente una sfida per i sensi che coinvolge ogni tipo di terrore”, come afferma Devid Denby sul New Yorker.  E una vera prova fisica è stata richiesta anche agli attori che hanno lavorato in condizioni estreme: appesi per mesi a 12 cavi di acciaio ancorati all’interno di un cubo di 3 metri per 3, con un sistema di Led puntati addosso. La sfida riguardava soprattutto la protagonista femminile. Sostituito Robert Downey Jr. con George Clooney, per mesi il film non è partito per la rinuncia delle attrici prescelte: prima Angelina Jolie, poi Natalie Portman. Finché la Bullock ha accettato, scoprendo di dover restare sola e appesa all’interno di un set totalmente asettico per 12 ore al giorno, collegata al regista e a Clooney solo grazie agli auricolari.

gravity1(1)In Gravity niente sembra lasciato al caso, ogni movimento di camera, ogni stacco, ogni elemento che si muove sullo schermo appare al proprio posto. Tutto concepito e condotto con una elevatissima maestria tecnica. Ciò che rende meraviglioso ed estremamente innovativo il film di Cuarón è la potenzialità visiva delle immagini e il 3D, il migliore in assoluto dopo “Avatar”, che colloca il regista messicano tra i pionieri della regia robotica, basti pensare alla durata della lavorazione del film (5 anni) e al fatto che tutte le scene nello spazio sono digitali tranne che per i volti di Clooney e della Bullock. Tutto, inoltre, è contornato da una magica assenza di suono, un silenzio che coinvolge lo spettatore facendolo fluttuare nello spazio insieme con i protagonisti.

Giusy Giglio

Share the Post:

Leggi anche