Glory Wall: la provocazione di uno spettacolo sulla censura che la censura non censura.

Si può fare uno spettacolo sulla censura? Non è forse inevitabile che uno spettacolo sulla censura, la censura lo censuri? In effetti, Se uno spettacolo sulla censura, la censura non lo censura, o non esiste lo spettacolo o non esiste la censura. A partire da questo paradosso implicito, si sviluppa Glory Wall, la messinscena di Leonardo Manzan e Rocco Placidi, interpretata dagli stessi autori e da Paola Giannini e Giulia Mancini.
Manzan, invitato alla Biennale Teatro 2020, si è aggiudicato con Glory Wall il premio come Miglior spettacolo e con Glory Wall propone la sua personale interpretazione del tema del Festival: la censura.
Il tema scelto da Antonio Latella per la Biennale Teatro 2020 – appunto la censura- è un tema particolarmente significativo in quanto, come sosteneva il poeta e filosofo Paul Valéry, l’arte vive di costrizioni e muore di libertà e quindi per un’espressione artistica autenticamente scandalosa è condizione necessaria la presenza di una censura attiva e viva.
Dunque, a partire da questi presupposti, Manzan e Placidi pongono lo spettatore davanti a un muro – esplicita allusione alla censura stessa – su cui si aprono alcuni fori – espediente da cui prende vita il gioco linguistico del titolo che rimanda alla pratica sessuale estrema e promiscua del Glory Hole – fori che consentono allo spettatore di vedere solo porzioni circoscritte dei corpi degli attori e di assistere ad azioni e gesti frammentati, sbilenchi, impediti.
La provocazione di Manzan e Placidi, indubbiamente stuzzicante e costruita con sapiente e puntuale attenzione all’effetto estetico, intende stimolare una non banale riflessione riguardo al significato che assume lo scandalo e l’infrazione alla norma e alle convenzioni, nel sistema teatrale e culturale contemporaneo. Gli esiti di questa riflessione, esiti prospettati dalla messinscena con assiomatica certezza, suggeriscono al pubblico che la scena contemporanea è sostanzialmente priva di qualsiasi concreta e genuina possibilità di scandalizzare: i testi e il pensiero degli intellettuali oggetto di censura nel passato – i cui nomi scorrono peraltro come titoli di coda sul muro del Glory Wall – sarebbero, infatti, utilizzati nella scena contemporanea in maniera depotenziata e anestetizzata, la loro capacità rivoluzionaria sarebbe stata definitivamente disinnescata sia dal contesto socioculturale che dallo stesso sistema di produzione: il teatro non ha più potere sull’immaginazione perché non è più pericoloso, la censura si è compiuta e non ha più ragione di esistere.
Gli intellettuali del passato sarebbero stati sostituiti – secondo Manzan e Placidi – da impiegati del teatro che accettano qualsiasi tema, anche quello relativo alla censura, senza farsi più domande.
L’operazione di Manzan e Placidi, condotta con gradevole leggerezza e acuta ironia, pur non essendo priva di quell’azzardo giovanile per natura simpaticamente esibizionistico e velenoso, risulta complessivamente interessante e originale e coinvolge il pubblico con soluzioni sceniche efficaci che divertono e sollecitano piacevolmente l’ingegno.

Replica del 10.03.2023, Teatro Piccolo Bellini di Napoli

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