“Gianni”: il cancro dell’anima

Caroline Baglioni al Teatro Cantiere Florida, un buco nero nel vortice della follia.

Il Teatro Cantiere Florida di Firenze presenta, nel contesto della stagione sperimentale 2015-2016, la giovane Caroline Baglioni in “Gianni”. Si tratta di una storia vera, senza lieto fine, trasformata in una bellissima performance, vincitrice, tra l’altro, del Premio Scenario per Ustica 2015.

Il rumore di un mucchio di scarpe che cade sul palcoscenico. Ecco come inizia “Gianni”. «Avevo circa tredici anni. Mio padre tornò a casa e disse che era arrivato il momento di occuparci di Gianni». È una commovente storia autobiografica, che ha toccato da vicino l’adolescenza dell’ideatrice e interprete, al punto che quest’ultima l’ha resa uno spettacolo. Il ricordo dello zio Gianni impresso nella memoria, la passione per il teatro e l’intrapresa di una carriera da drammaturga, il ritrovamento casuale, o forse fatale, di una scatola contenente le cassette registrate da Gianni. Tutto questo, insieme ad una notevole sensibilità e a grandi doti interpretative, ha portato Caroline Baglioni a impersonare quello zio che temeva, che osservava, ma con distacco, e che ha imparato a conoscere davvero ascoltando a ripetizione quelle cassette, fino ad impararle a memoria, fino a fare sua quella voce, quelle parole, quell’essenza che un impeto di follia non ha esitato a spazzare via.

“Gianni” fa profondamente riflettere; a volte fa ridere, o meglio sorridere, perché non c’è niente di comico davanti ad una sofferenza talmente grande da diventare pazzia. Non è per niente facile descrivere ed interpretare la follia, perché essa ogni volta si presenta in modo diverso. In teatro si vede spesso, i grandi drammi del teatro classico ne sono colmi, ma quando si tratta di una storia vera la missione è differente. La nipote, ormai artista, si sarà chiesta il perché lo zio Gianni sia diventato così. Una persona difficile da avvicinare, con cui sembra impossibile parlare, cosa nasconde dentro di sé? La risposta stava in quelle registrazioni, una sorta di diario che Gianni teneva, probabilmente la sua unica occasione di parlare, di riflettere sulla vita, di sputare quella realtà che gli premeva dentro al petto, ma che non poteva mai esternare. È opinione comune che quelli che chiamiamo pazzi dicano astrusità, perciò inutile ascoltarli. Se però è una giovane e brava attrice a comunicare questi contenuti, ascoltare è possibile, e quelle parole acquistano un senso profondo. È il cancro dell’anima, dice Gianni al culmine del suo degrado mentale: la pazzia è una malattia che si impossessa della nostra anima e non c’è maniera di guarire, prigionieri di un mondo e di un corpo che non ci vuole.

Una giovane vita frivola, una progressiva solitudine, un realismo così crudo e sadico che si trasforma in pessimismo e auto-distruzione, ecco la linea discendente del racconto di un’esistenza, intervallata dalle note di David Bowie, e che risuona attraverso la voce di Caroline Baglioni; una voce che, nel delirio, dice cose che nel più profondo del nostro cuore ci toccano e ci tormentano. La malattia è allora l’essere troppo introspettivi? È tenere i piedi in due scarpe diverse che non sono della nostra misura? È impossibile vagare in un’anima malata senza scarpe comode: sia quando cercava di curarsi, sia quando non ci provava più, Gianni si trascinava su quelle scarpe enormi, n°46, le stesse per cui fu possibile riconoscerlo al momento della sua morte. Un’interpretazione davvero affascinante quella di Caroline Baglioni, accompagnata da una regia squisitamente essenziale. Luci e musica arricchiscono ottimamente la performance. Un palcoscenico semibuio e tante scarpe diverse bastano per farci immaginare Gianni che cammina per Perugia, la sua città, Gianni che corre in macchina, Gianni che fuma e registra le proprie riflessioni, con Ringhio, il suo cane, unico amico a tenergli compagnia insieme ai suoi milioni di ricordi e di pensieri. Quello che nessuno ha mai sentito dire a Gianni è finalmente venuto fuori attraverso la nipote Caroline. È ciò che forse egli desiderava, mentre registrava la propria voce. E non c’era modo migliore per terminare: farci sentire un piccolo estratto della voce di Gianni. È il suo «Stop.» che chiude lo spettacolo.

Firenze – TEATRO CANTIERE FLORIDA, 31 marzo 2016.

Benedetta Colasanti

GIANNI – Idea e interpretazione: Caroline Baglioni; supervisione alla regia: Michelangelo Bellani c.l. Grugher; assistente alla regia: Nicol Martini; luci: Gianni Staropoli; organizzazione: Mariella Nanni; produzione: La Società dello Spettacolo.

 

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