Flirt, ovvero della fragilità sentimentale dei giovani adulti

La forza espressiva degli oggetti nell’ironica creazione di un’esordiente

Quasi cinquant’anni fa Miloš Forman, nel suo Taking off, ritraeva con lucidità e umorismo il contrasto che si era creato fra le generazioni all’indomani del favoloso, sconvolgente ’68. Fra le molte belle invenzioni del film ricordo la sequenza di un provino canoro, in cui una sorridente ragazzina dal viso acqua e sapone canta con naturalezza una canzone sottotitolata in italiano (come si usava allora, quando la lingua inglese, o i suoi improvvidi surrogati, non erano ancora entrati di prepotenza nel nostro vocabolario): il sottotitolo riportava più o meno i seguenti versi:

Puoi baciare la regina, e pure il re

Ma prima devi baciare me

Quella pudibonda traduzione non rispettava tuttavia il testo originale, dove non si udiva il suono kiss, ma un diversamente impegnativo, reiterato fuck, che si librava con spiazzante spontaneità dalle tenere labbra della ragazzina.

La scena mi è tornata in mente assistendo a Flirt, uno spettacolo della giovane Silvia Torri, giustamente premiata da una giuria internazionale al festival “Incanti”, tenutasi lo scorso ottobre a Torino, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani. In effetti, si crea uno spiazzante contrasto fra la figura morbida, adolescenziale di Silvia, il suo sorriso limpido e disarmante, e gli oggetti che lei manipola: anticoncezionali femminili di vario genere e forma.

Silvia ha poco più di venticinque anni. Milanese, subito dopo la maturità ha scelto di dare corpo a un sogno nato sui banchi del liceo iscrivendosi all’Arsenale, la scuola di teatro diretta da Marina Spreafico e Kuniaki Ida. Da una formazione che privilegia la fisicità e il gesto, matura in lei il gusto per un teatro di oggetti, che pratica seguendo seminari e collaborando, anche all’estero, con compagnie di alto profilo artistico e professionale e, parallelamente, affinando una sensibilità verso tematiche sociali ed educative.

Flirt, la prima opera della quale assume la totale paternità, è l’esito di un precorso, non solo artistico, ma anche di approfondimento e riflessione sulla generazione dei giovani adulti. Chi oggi ha fra i venti e i trentacinque ha avuto nell’adolescenza un’educazione sessuale, ma non è stato in grado di tradurla in una sessualità matura e consapevole. Le malattie sessualmente trasmissibili sono in aumento in Europa e in Italia e, dopo la rivoluzione sessuale nata sull’onda del ’68, quelle stesse persone, rimaste prive di modelli alternativi e autorevoli di femminilità e mascolinità, dimostrano tutta la loro fragilità e incapacità di instaurare rapporti affettivi, liberi da schemi e convenzioni superate.

Col suo spettacolo, nel linguaggio metaforico degli oggetti, fatto di leggerezza, poesia e ironia, col garbo naïve del suo aspetto, con la grazia del suo porgere, Silvia ci parla di tutto ciò.

Sotto le sue lunghe dita affusolate (il cui disegno sa esaltare con seducenti tagli di luce) manipola con delicatezza gli oggetti che dispone su un bancale, che divengono personaggi di avventure amorose, appunto di flirt.

I primi approcci – disastrosi – nascono dal frequentatissimo sito Tinder, una App (come si dice adesso) che facilita gli incontri. Spassoso il tango con un paio di forbici, l’appuntamento con uno spruzzino, affetto da un blocco sessuale, o la trombetta parolaia e autoreferenziale. Ogni vicenda è proposta con un’ironia intelligente e teneramente maliziosa; ma vi compare anche, ricorrente, l’ombra della morte.

L’unico episodio di un completo, appassionato incontro sessuale è suggerito dalla trasparente metafora di due mani che si intrecciano, una delle quali è guantata. Ma, anche qui, come altrove, con un efficace salto drammaturgico, si inserisce una riflessione di alto profilo esistenziale sul senso di quell’incontro.

Il sobrio commento sonoro spazia dal rumoroso sintonizzarsi degli archi prima di un’esecuzione, al cinguettio di uccelli; la mimica ha una sua efficace suggestione, e si apprezza l’eleganza con cui Silvia muove gli oggetti sul bancone, a volte come in un divertito gioco delle tra carte. Qualche ingenuità, forse, si riscontra nella caratterizzazione dei vari registri vocali, che potrà affinarsi nelle successive repliche.

Ma lo spettacolo coinvolge e sorprende per l’acutezza e la lievità con cui una giovane artista ha saputo affrontare un tema importante e delicato, senza mai cadere nei trabocchetti dello scontato, del serioso o dell’ideologico. La attendiamo con interesse nelle prossime prove.

Claudio Facchinelli

Flirt di e con Silvia Torri; aiuto regia Rita Giacobazzi; musiche Niccolò Pozzi; coproduzione Piccolo Teatro Patafisico con il sostegno di Théatre des Marionnettes de Genève e Progetto Cantiere 2018 (Festival Incanti, Teatro delle Briciole, CTA – Centro Teatro Animazione e Figure, Teatro del Buratto, Teatro del Drago, Teatro del Lavoro e Is Mascareddas).

Visto a Torino il 7 ottobre alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani.

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