Donatella Finocchiaro e Bruno Di Chiara portano in scena l’insaziabile passione della Lupa per Nanni Lasca.

La gnà Pina, che il villaggio chiamava Lupa per via del suo insaziabile appetito sessuale e al cui passaggio le altre donne si facevano la croce, è un personaggio paradigmatico della produzione narrativa verghiana e della letteratura italiana, un fulgido esempio ante litteram di donna emancipata e dichiaratamente insofferente verso la bigotta e ipocrita morale maschilista del tempo.

Un personaggio, quello della Lupa, che ha conosciuto diverse trasposizioni, sia cinematografiche che teatrali, e che in questa produzione del Teatro Stabile di Catania, incontra la grinta e la bravura di Donatella Finocchiaro, attrice che ha interpretato spesso personaggi femminili volitivi e determinati – come nel recente Il filo di mezzogiorno diretto da Mario Martone –  e che ne firma anche la regia con la collaborazione di Luana Rondinelli.

La messinscena, in cui scorgiamo temperature suggestivamente affini a quelle del teatro di Emma Dante, è ambientata in una comunità arretrata e rurale della Sicilia del XIX sec e focalizza con precisione le dinamiche relazionali tra uomini e donne all’interno di una cultura che prevede una distinzione nei ruoli e nei comportamenti di genere che è netta e binaria e in cui ogni possibile infrazione viene percepita come un pericolosissimo attentato all’intera collettività, alla sua statica organizzazione sociale ed economica e alla sua necessaria conservazione.

L’audacia della Lupa, che osa amare liberamente e non nasconde il desiderio nei confronti di Nanni, interpretato dal bravo Bruno Di Chiara, e che continua ad amarlo anche dopo averlo spinto tra le braccia di Maricchia, sua figlia, è una trasgressione inaccettabile al modello femminile rurale siciliano dell’epoca, modello che percepisce come anomala e deviata una donna che decida di esprimere in maniera diretta il proprio istinto sessuale e la propria passione amorosa.

La mentalità chiusa e retrograda del contesto sociale è puntualmente restituita al pubblico attraverso la corale ripetizione di riti, parole, comportamenti e gesti delle altre donne e degli altri uomini che abitano un villaggio in cui le processioni religiose possono diventare silenzioso e complice sfondo di un drammatico fatto di sangue.

Teatro San Ferdinando di Napoli, replica del 07.03.2024

 

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