“Do not disturb”, il cielo in una stanza

 

Foto do not disturb (1)

Do not disturb” è l’ammonimento che si appende alle porte della stanze d’albergo quando i clienti non desiderano essere distolti dalla loro privacy dal personale di servizio. E’ questo l’ironico titolo che Mario Gelardi e Claudio Finelli hanno scelto per un progetto destinato ad avere nuovi episodi: il teatro in camera. Ovviamente “disturbare” si può, anzi si deve. Il pubblico, in numero rigorosamente ristretto, si accoccola ai bordi del letto, e assiste alle schermaglie verbali di due coppie, una etero, l’altra omo. Teatro della vicenda, fino al 19 gennaio, il Chiaja Hotel de Charme, già, in passato, apprezzato casino, ed ora albergo di fascino e, sovente, location degli incontri-cult di Poeté, orchestrati dallo stesso Finelli. Nel primo episodio, “Zagara”, troviamo Carlo Caracciolo ed Annalisa Direttore, mentre nel secondo, “All iWant”. ecco Mario Di Fonzo e Gennaro Maresca. Di cosa avvenga non è giusto dire, soprattutto perchè l’esito è, in entrambi i casi, sorprendente. Basti sapere che si tratta di due incontri occasionali, tra personalità diversissime, e proprio per questo chimicamente in attrazione. Stante la particolarità del contesto, trovare il tono del racconto era allo stesso tempo semplice e complicatissimo, e Gelardi ne esce fuori benissimo affidando ai suoi attori una naturalezza espressiva quasi soffusa, da camera d’albergo appunto, ma anche con picchi emotivi di notevole intensità. Il che avviene anche grazie al contributo degli attori, tutti ottimamente in parte, compreso il piccolo ruolo del concierge che con passo felpato introduce alle stanze, il giovane Vincenzo Coletti. La Direttore, unica donna del cast, riesce a tenere il mistero della propria identità fino in fondo, Caracciolo da’ corpo (in tutti i sensi) ad un insicuro guascone disegnato con precisione, Di Fonzo carica di sottilissime nuances la sua ambigua presenza (regalando un bellissimo finale sussurrato), mentre Maresca conferma il suo talento in un personaggio sospeso tra stupore e rabbia, entrambe gestite con misura. Non aspettatevi torride performances tra lenzuola complici, al massimo ci esce un casto bacetto. L’intimità, qui, è tutta suggerita dall’atmosfera, e da un testo scolpito con perizia. Questo “format”, che prevede anche una terza parte affidata a Roberto Azzurro in una interpretazione de “La voce umana” di Cocteau, ha tutti i numeri per arricchirsi sempre di più.

                                                                                                          Antonio Mocciola

                                                                                                             Napoli, 16-1-2014

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