“Zio Vanja” e la poco incisiva regia di Bellocchio

Bravissimo Sergio Rubini, non riesce, però, da solo a sostenere il peso di uno spettacolo lento e poco accattivante, con un cast poco indovinato.

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Michele Placido, Sergio Rubini ed Anna Della Rosa in una scena

Mai come in “Zio Vanja” la legge non scritta della drammaturgia di Anton P. Cechov trova la sua realizzazione. Nulla infatti, di tutto quello per cui i suoi personaggi si dannano e soffrono, ha un suo sviluppo, tutto rimane immutato: non c’è la morte per lo sparo che incombe nel tragico finale de “Il Gabbiano”, non c’è la vendita de “Il Giardino dei Ciliegi”, non ci sono gli eventi che caratterizzano il passare degli anni de “Le tre sorelle”. In “Zio Vanja” i colpi di pistola non vanno a segno, la tenuta non viene venduta, così come vorrebbe Serebriakov, ed il passare degli anni viene solo annunciato nel finale da Sonia, ma noi non lo vedremo. Ed è per questo che forse è la più drammatica delle commedie di Cechov, l’immota rassegnazione degli uomini sembra senza speranza e nessuno riesce ad ottenere ciò che vuole, nessun vincitore, tutti vinti.

Sicuramente, perciò, la materia drammaturgica si presenta di grande interesse per un progetto registico di grande spessore, e grande curiosità, pertanto, destava l’operazione firmata da  Marco Bellocchio, le cui note biografiche definiscono come “uno dei registi più anticonformisti della storia del cinema”. Ed effettivamente Bellocchio ha rappresentato, dagli anni ’60 ad oggi, una delle voci meno allineate nel panorama dei nostri cineasti, quindi era lecito aspettarsi da lui una lettura originale e, perché no, anche critica del capolavoro cecoviano, portato in scena avvalendosi, tra gli interpreti, di due star quali Sergio Rubini (nel ruolo del titolo) e Michele Placido (nel cameo di Serebriakoff), dopo che già qualche decennio fa egli aveva incontrato la drammaturgia del grande autore russo, con l’interessante e  suggestiva ripresa filmica de “Il Gabbiano”.  Ma, purtroppo, le aspettative sono andate pienamente deluse. Niente della regia di Bellocchio riesce a sorprendere, ad affascinare; non certo l’ingresso dalla platea di Seriebriakoff e di sua moglie Elena, che ha il sapore più di celebrare l’ingresso di Placido, a beneficio dei suoi fans, che una vera scelta registica, per altro ingiustificata e non certo nuova. Ma dove lo spettacolo ha il suo punto più debole è, senza alcun dubbio, nella scelta degli interpreti, nella distribuzione dei ruoli, della scarsa attenzione nella loro interpretazione. Va detto, ad onore del vero, che Sergio Rubini fa debita eccezione,  risultando eccellente nonostante tutto, un Vanja finemente disegnato, grottesco e delicato al punto giusto, ma, poverino, non riesce, da solo, a reggere uno spettacolo mastodonticamente concepito, con lunghi ed inutili cambi di scena, che risulta pertanto farraginoso per la poco solida struttura del cast. Michele Placido riesce a salvare con mestiere il suo breve intervento grazie alla gigioneria che appartiene a lui e che riesce a trasferire credibilmente, senza disturbare, al suo personaggio, ma, ahinoi, altrettanta fortuna non accorre agli altri compagni di scena, a cominciare da Pier Giorgio Bellocchio, interprete assolutamente inadeguato di un Astrov al quale non si riesce a riscontrare un cambio di tono che sia uno: fascino, malinconia, dolore, amore, disincanto, paura, ironia, che appartengono a questo straordinario ruolo, sono tradotti da Bellocchio jr tutti con una rabbia piatta ed isterica, così poco affine al personaggio. Non gli è da meno la Sonia di Anna Della Rosa, per non parlare dell’incomprensibile Elena di Lidyia Liberman, dal perfetto physique du role, ma dall’incerta pronuncia italiana. Il problema maggiore ci sembra comunque sia avvisabile in una regia immotivata, poco attenta all’ attore, dove Lucia Ragni, ad esempio, che recita nel ruolo della madre, sembra capitata lì per caso. Concludono il cast Marco Trebian, Bruno Cariello e Maria Loveti, che, almeno lei, riesce a rendere credibile il personaggio della balia Marina. Le ingombranti musiche di Carlo Crivelli sottolineano cinematograficamente l’azione. Il pubblico ha riempito la sala, grazie all’appeal del titolo, ed all’annunciato terzetto di star (Rubini, Placido e Bellocchio senior), e, certo, reagisce talora ridendo ai momenti di giusta comicità recitati dal bravo protagonista, peccato, però, che si sia persa l’occasione di farlo innamorare del teatro. La noia riesce a regnare sovrana ed il “riposeremo” finale, detto tre volte da Sonia, arriva salvifico alle orecchie di molti spettatori.

Napoli – Teatro Bellini, 14 Gennaio 2014

Gianmarco Cesario

ZIO VANJA di Anton Cechov

adattemento e regia  Marco Bellocchio

con  Sergio Rubini, Michele Placido, Pier Giorgio Bellocchio, Anna Della Rosa, Lidiya Liberman, Bruno Caniello, Marco Trebian, Maria Lovetti, Lucia Ragni

scene Giovanni Carluccio, costumi Daria Calvelli, musiche originali Carlo Crivelli

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