“Delitto e castigo”, l’eterno dilemma
dell’uomo e delle sue colpe

Ha 150 anni, ma non li dimostra, “Delitto e castigo”, il celebre capolavoro di Dostoevskij che sbarca al Teatro Elicantropo di Napoli per la regia di Peppe Celentano. Le atmosfere poliziesche del romanzo, il senso di colpa dell’omicida, gli eterni perché dell’esistenza sono resi con elegante e asciutta resa scenica, grazie anche alla misurata performance di tutti i protagonisti, a partire da Massimo Masiello, convincente Raskolnikov, turbato e perturbante. Grazie alla consulenza storica e letteraria di Vincenzo De Falco, “Delitto e castigo” rivive con fedele intensità, e se il ritmo qua e là langue, ci sono i graffi di Salvatore Veneruso e Paolo Gentile, chiamati ad investigare il caso, e di Gabriella Cerino (in un denso assolo nel ruolo dell’usuraia assassinata) a dare calore alla vicenda. Chiara Mazza, Alessandro Palladino e Roberta Ventre completano un buon cast, chiamato a sostenere un testo fitto e serrato, di difficilissima gestione. E in quanto alla “giusta causa” di certi delitti, il dibattito è aperto. Eternamente.
Antonio Mocciola

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