Biagio Musella e Massimo Venturiello fanno rivivere la farsa allegorica e politica del Signor Puntila e del suo servo Matti.

Il Signor Puntila e il suo servo Matti è indubbiamente una delle opere più interessanti di Bertolt Brecht, un’opera in cui il grande drammaturgo tedesco, pur proponendo una sorta di commedia dalle temperature farsesche, restituisce un’analisi lucida e puntuale della società capitalista e delle sue storture nonché dell’asimmetrica e squilibrata dialettica tra sfruttatori e sfruttati, padroni e servi.

La commedia dalla cifra sociologica e politica, scritta all’inizio degli anni ‘40 del secolo scorso, nella direzione registica di Massimo Venturiello, che interpreta con bravura anche il ruolo del proprietario terriero Puntila, conserva una sua attualità sostanziale perché, pur essendo ormai anacronistica la diffidenza borghese verso un potenziale eversore comunista e pur essendo ormai sfumati i contorni rivendicativi della lotta di classe, evoca in maniera suggestiva, attraverso la cifra allegorica e grottesca, la natura cinica e ipocrita dei rapporti umani e dei rapporti di lavoro anche nel corrente contesto sociale dominato dalla fine delle grandi ideologie e dalla logica spregiudicata del profitto e dell’interesse.

Puntila, il protagonista, più che un personaggio, è una maschera dal palmare valore metaforico, incarnazione della schizofrenia del sistema capitalistico: la natura ambivalente di Puntila, uomo buono e gioviale quando è in stato d’ebrezza e latifondista insensibile e sprezzante quando è sobrio e costumato, non rappresenta l’anello che non tiene nella catena del sistema stesso e delle sue regole spietate e immorali, quanto l’inaffidabilità e la disonestà di chi detiene il potere economico e può disporre, a proprio capriccio, della vita e del destino degli altri esseri umani.

Argine alla volontà di Puntila è il suo servo Matti, interpretato egregiamente dal bravissimo Biagio Musella, autista semplice che resiste alle reiterate blandizie del capitalista ubriacone, consapevole del pericolo che si nasconde dietro l’amabilità simulata del ricco proprietario che, sotto i fumi dell’alcol, prova perfino a dargli in moglie la figlia, onde evitare il matrimonio di quest’ultima con un impomatato e stupido diplomatico che – a detta di Puntila – è una mignatta in smoking, un verme mangiaboschi.

La distanza tra la “natura” umana di Puntila e quella di Matti – nonostante i tentativi di euforico sodalizio etilico tentati dal proprietario terriero – resta evidente durante l’intera pièce: all’ambiguità del primo, che gioca con l’esistenza e i desideri altrui, si contrappone la lealtà del servo che non dimentica l’insanabile contrapposizione di classe e nel finale, voltando finalmente le spalle al suo padrone, smaschera esplicitamente la mistificazione che è alla base degli equivoci comportamenti di Puntila.

Le elaborazioni musicali del sempre ottimo Mariano Bellopede e la vivacità e la bravura del gruppo di interpreti in scena, rendono piacevole e godibile un testo tra i più visionari e complessi del grande autore di Augusta.

Campania Teatro Festival, Villa Floridiana – Palco Grande, 17.06.2023

 

 

 

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