Liti e disagi familiari nell’opera dei francesi Jaoui e Bacri messa in scena al Teatro Le Laudi di Firenze.
Non esiste luogo dove ci si può sentire più al sicuro della famiglia, se non fosse che proprio i parenti sono in grado di mostrarti, senza tante cerimonie, il lato peggiore della vita. In sociologia la famiglia viene analizzata come un microsistema che rispecchia esattamente il macrosistema sociale: in essa è possibile rintracciare tutte le dinamiche e le problematiche presenti nell’intero tessuto societario. La conclusione che ne deriva è una sola: le relazioni sono quasi sempre un disastro, anche se il sangue è lo stesso. A dipingere un quadretto familiare tipo sono i coniugi francesi Agnès Jaoui e Jean-Pierre Bacri nel testo “Aria di famiglia” (film del 1996, che hanno scritto e interpretato). Jaoui e Bacri sono sceneggiatori e interpreti anche dei quattro film diretti dalla Jaoui: “Il gusto degli altri” (2000), “Così fan tutti” (2004), “Parlez-moi de la pluie” (2008) e “Quando meno te l’aspetti” (2013).
“Aria di famiglia” arriva al Teatro Le Laudi di Firenze (e ci rimane ancora fino al 2 marzo) grazie alla Compagnia Kimera Teatro, diretta da Paolo Santangelo (stavolta solo regista), che è andata a ripescare questa simpatica commedia in cui ognuno – purtroppo – potrà facilmente riconoscere alcuni elementi del suo entourage parentale. Ottima la scelta e graziosa la riuscita: lo spettacolo dal tono amaro e divertente è portato avanti da un bel gruppo di attori. Una nota di merito va a Marco Contè, il quale di solito veste impeccabilmente i panni di personaggi viscidi, spietati, freddi: stavolta riesce a destare una grande tenerezza mostrando un uomo indifeso, a tratti ridicolo, spesso denigrato dalla famiglia. A vivacizzare particolarmente la rappresentazione, invece, Eleonora Cappelletti, che interpreta una moglie svampita e sempliciotta suscitando le risate del pubblico.
Basta una semplice cena per rinfacciare tutti i torti subiti, per evidenziare i difetti dell’altro, per accusarsi e ingiuriarsi a vicenda. Ma anche per impicciarsi dei fatti altrui e poterli giudicare. È un gioco al massacro che, come in ogni buona famiglia che si rispetti, avviene puntualmente, almeno una volta a settimana. I personaggi, infatti, si incontrano ogni venerdì e replicano quel copione già scritto, intorno al quale si alternano i piccoli episodi quotidiani. Possono cambiare le vicende di vita, ma non gli attacchi e le offese, non le incomprensioni e i rancori, non le problematiche relazionali. Philippe (Mario Modeo), presuntuoso ed egocentrico, sarà sempre il prediletto, il figlio perfetto agli occhi della madre (Laura Martelli), la quale ripete sempre le stesse cose, da anni, e non perde occasione per lamentarsi. Betty (Silvia Moneti) ha assunto ormai definitivamente il ruolo di ribelle, di trasgressiva, non importa che sia lei l’unica a essere sincera, a dire veramente come stanno le cose: è anche questo un ruolo familiare importante, peccato, però, che sia maggiormente ignorato (accettare consapevolmente la verità farebbe troppo male a tutti). Ed Henry (Marco Contè) sarà sempre il “secondo” figlio, quello che viene dopo, quello criticato, screditato, incompreso; neanche la sua complicata situazione matrimoniale riesce ad ammorbidire i suoi insensibili familiari. Infine c’è Jolanda (Eleonora Cappelletti), una vittima, dato che sposando Philippe è l’unica ad aver scelto di entrare a far parte di questa diabolica famiglia (ma chissà poi che inferno doveva essere la sua!). Unico occhio esterno, ma ancora per poco dato che sta per diventare il fidanzato di Betty, è quello del cameriere Denis (Henry Bartolini), ancora lucido, ancora gentile, ancora libero dalle dure catene di questa prigione.
Ognuno di loro è estremamente reale e terribilmente crudele. Non si dovrebbe neanche parlare di commedia, poiché è una tragedia che si consuma inesorabile, ogni giorno daccapo, come un incubo ricorrente. Ma guardare attraverso lo specchio della scena la propria famiglia e rendersi conto che sono tutte uguali, un po’ ne alleggerisce il peso (mal comune mezzo gaudio si dice!). L’identificazione e l’autoironia, inoltre, destano grande ilarità. Ogni famiglia, in fondo, è brava a sottovalutare i problemi seri e a focalizzare l’attenzione sulle piccole cose inutili, ogni capofamiglia preferisce chiudere gli occhi, non vedere, e lasciare che il dramma si consumi in silenzio. A rendere ancora più comica la situazione è la presenza di Jolanda, una moglie bistrattata, ignorata, un po’ sciocchina, ma sempre sorridente: l’apoteosi dell’assurdità; e chi, in famiglia, non ha una fidanzata o moglie di un parente esattamente uguale a lei? Anzi forse si tratta di una persona da ringraziare, perché la sua presenza durante i litigi frena in qualche modo gli istinti primordiali dei parenti, la sua sopportazione la rende esemplare, quasi un modello da seguire per mantenere la calma, e a volte la sua ingenuità lascia alle “vittime sacrificali del focolare” anche qualche possibilità di sorridere.
FIRENZE – Teatro Le Laudi, 21 febbraio 2014
di Mariagiovanna Grifi
ARIA DI FAMIGLIA – Regia: Paolo Santangelo; Autore: Agnès Jaoui e Jean-Pierre Bacri; Interpreti: Marco Contè, Eleonora Cappelletti, Laura Martelli, Mario Modeo, Silvia Moneti e Henrj Bartolini; Scene: Flavio Mazzi; Grafica: Dusko Stojanovic; Luci: Marco Ricci; Compagnia: Kimera Teatro.