Valerio Napoli – Il nomade del palcoscenico

E poi, a un certo punto, arriva la frattura. Dopo tanto palco, tanta strada, tanti applausi e qualche incertezza, si sceglie di cambiare strada. E Valerio Napoli, giovane promessa classe 86, ha scelto di andare in Polonia a cercare altre soluzioni alle proprie inquietudini d’artista. “Del resto non sono mai stato troppo sedentario – ammette – sono nato a Napoli, vissuto ad Aversa, passato per la Paolo Grassi di Milano e poi ritornato a Napoli. La stabilità non è il mio forte!”. Tutto comincia da un tre in matematica… “ho focalizzato quel 3 in matematica come l’avvenimento di partenza che mi ha fatto decidere di intraprendere un percorso artistico. E i miei, che tutto sono tranne che artisti, mi hanno molto aiutato. Intanto, quando mi sono iscritto come allievo al Teatro Tasso di Napoli, dove ho passato tre anni molto formativi. E soprattutto negli anni di Milano”. Anni difficili, ma bellissimi, con partecipazioni di lusso: “Ho partecipato ad uno sketch con Antonio Albanese a “Che tempo che fa” e ho avuto il ruolo di un nerd in un episodio de “I soliti idioti” per Mtv, ma soprattutto ho effettuato delle vere e proprie full-immersion negli autori russi come il “Chadzi Murat” di Tolstoj, ma anche la “Trilogia di Belgrado” di Srbljanovic. Milano è stata una grande scuola di vita, ma a un certo punto ho sentito il richiamo delle mie radici”. Nuova svolta, il ritorno a Napoli: “Ho fatto visite guidate teatralizzate, piccole cose ma anche grandissime, come il “Così fan tutte” di Strehler e “La clemenza di Tito” di Ronconi. Mi sono messo in gioco soprattutto come performer, ad esempio in “Metamorphosis mood” di Maliwell, ed è stata molto importante l’esperienza con Nartea: con loro ho messo tanto in pratica la mia attitudine di rapporto diretto con il pubblico, a nudo, senza nessuno spazio convenzionale o quarta parete che possa preservare la performance di un attore”. Si definisce “riflessivo, poliedrico e brillante, ma anche assai insicuro. Ed è proprio su queste insicurezze che faccio leva per mettermi in discussione”. Ed usa un’interessante metafora sul nuoto, che adora, per descrivere lo stile di vita dell’attore: “Per galleggiare devi essere rilassato”. Nel suo cuore Massimo Troisi e Giancarlo Giannini, ma anche registi come Antonio Latella e Lina Wertmuller, ma se deve ringraziare qualcuno non ha dubbi: “Maria Consagra ed Alessio Bergamo”. Da spettatore rimane colpito da “Ristorante immortale”, ma il suo habitat naturale è lì, sul palco. Nell’attesa della prossima giravolta artistica di questo talentuoso e multiforme attore, ancora una metafora calcistica: “Maradona non era solo un artista del calcio, era uno spirito ribelle, non ti faceva mai vedere la palla. Così è, in fondo, anche recitare”.
Antonio Mocciola

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