Quel Monumento di Brusco

Se apriste il vocabolario alla voce brusco trovereste la seguente definizione: tendente all’aspro, che riflette o denota mancanza di tatto o di riguardo. Però Brusco, il cantante, è tutt’altro che aspro, anzi è di una simpatia e affabilità fuori dal comune. Nome d’arte del cantante romano Giovanni Miraldi, Brusco è una delle voci reggae più significative del panorama musicale italiano. Conosciuto in passato come Papa Giovanni o Papa G, è noto per la sua carriera solista e come membro di una delle posse storiche del reggae italiano: la Villa Ada Posse.

Giovanni inizia a esibirsi giovanissimo, all’età di 15 anni, in occasione delle prime dancehall promosse al Forte Prenestino, storico centro sociale di Roma. È il 1990, anno in cui in Italia iniziano a diffondersi le prime “posse”, gruppi musicali prevalentemente orientati alla musica rap e legati ai movimenti studenteschi di quegli anni. Con l’allora compagno di scuola Paolo II (oggi rapper noto come Chef Ragù), Brusco forma la Vatikan Posse, utilizzando lo pseudonimo di Papa Giovanni. Per circa un paio d’anni il duo si fa conoscere e apprezzare grazie ai live in giro nei locali della capitale. Nel 1992 Brusco, che nel frattempo ha cambiato il nome d’arte in Papa G, si unisce alla neonata Villa Ada Posse, gruppo che prende il nome dal noto parco romano. Nel 2000, infine, Giovanni diviene finalmente Brusco e inizia la carriera da solista.

Buonasera Giovanni, come nasce il tuo amore per la musica?

Sono sempre stato un grande amante della musica. Ero il classico tipo che metteva i gettoni nei Jukebox. Ho attraversato diverse fisse musicali da ragazzino, se vogliamo chiamarle in questo modo. Mi piaceva moltissimo Bruce Springsteen, adoravo i suoi concerti estremamente veri, senza quella componente pop. Grazie a lui ho anche comprato la mia prima chitarra. Poi è arrivato l’interesse per l’hard rock e infine il raggae. Avevo amici che mi riportavano cassette con questa musica giamaicana incredibile. In Giamaica c’erano delle dancehall incredibili.

Che ricordi hai del periodo di Villa Ada Posse?

Sono stati veramente degli anni incredibili, abbiamo girato l’Italia e ci siamo fatti conoscere. Il pubblico è esploso. Forse l’unico rammarico che ho è che abbiamo fatto troppa poca musica rispetto alle canzoni che avevamo scritto.

Arriviamo agli anni 2000. Inizia la tua carriera da solista.

Avevo una grandissima voglia di pubblicare musica. Con i ragazzi di Villa Ada Posse, infatti, ci siamo lasciati in maniera amichevole, senza problemi. A settembre del 2000 pubblico il brano “Se vola“, che fa parte della colonna sonora del film Zora la vampira dei Manetti Bros. In quell’occasione conosco Francesco Lancia, il produttore di L9 records, la mia prima etichetta discografica da solista. Nel 2001 esce il brano Ancora & Ancora, dedicato allo scudetto della AS Roma e Radio Deejay mi chiede di cantare la formazione dei loro dj.

Brusco, nome d’arte di Giovanni Miraldi

Nel 2002 esce “Il mondo è anche mio”, canzone a cui sono molto legato, e poi “Sotto i raggi del sole”, che riprende il successo di Edoardo Vianello “Abbronzatissima”. A quel punto le major musicali iniziano a bussare alla mia porta. In quegli anni in Italia non c’erano molti musicisti e producer esperti di dancehall, quindi viro su delle sfumature più rap soul. Nel 2003 esce il singolo “Ti Penso Sempre”, che è diventato un vero e proprio tormentone estivo. Un altro pezzo a cui sono molto legato è “Amore vero”, che ha riscontrato più un successo di nicchia.

A quali cantanti sei maggiormente legato?

Ce ne sono tantissimi. Oltre al già citato Bruce Springsteen, ti dico Buju Banton, Sizzla, Beenie Man, Bounty Killer, ma anche gli italiani Dalla, Gaetano e Modugno. Sono molto affascinato dal panorama inglese del Regno Unito e anche il mondo musicale africano è in grandissima ascesa.

Secondo te la tecnologia quanto può giovare al mondo della musica?

La comunicazione e la tecnologia hanno il pregio di farci conoscere nuovi artisti. Per dirti ora c’è tutta una nuova spinta afrobeat, con delle sonorità molto solari.

Che idea ti sei fatto della musica attuale?

Oggi il mondo della trap o del rap esprimono dei concetti che magari non condivido, ma hanno una scrittura molto bella, con un notevole utilizzo di metafore. C’è del talento in questo. Anche l’indie non mi fa impazzire, ma di sicuro è meglio di certa musica pop degli anni ’80. Amo lo spirito progressista della musica, non bisogna mai fossilizzarsi! Oggi la musica in parte ha perso il valore che aveva nella società: è diventata usa e getta, basta un’app e si possono ascoltare tutte le canzoni del mondo. Rimpiango il valore di una cassetta o di un vinile.

Che programmi hai per questa estate?

Ho già in programma moltissime date in giro per l’Italia. Mi è molto mancato il contatto con la gente. Farò ascoltare il mio ultimo EP Monumento, un lavoro composto da cinque tracce, a cui hanno collaborato anche il rapper romano Ensi nel brano “Kilimanjaro” e Nina Zilli in “Anime sole”.

Valerio Molinaro

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